Il fatto - 11.10.2009.pdf

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il fatto
Mai come ora Berlusconi è apparso così debole . Mai
come ora ci vorrebbe una vera opposizione. Il Pd lo sa?
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Domenica 11 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 17
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
“MIOMARITOPAOLOUCCISO
IL POMPIERE
DELLA SERA
Stragi e trattativa: parla Agnese Borsellino
Corriere della sera è un grande
quotidiano che tenta, grazie al direttore,
a molti giornalisti e a pochi editorialisti,
di difendere la propria indipendenza. Ora,
come ai tempi del fascismo, della P2, del
craxismo e del secondo governo Berlusconi, il
regime gli ripresenta il conto: o bacia la sacra
pantofola, anzi la scarpina con tacchi e rialzo, o
è la guerra. Si ripete pari pari la scena del 2003,
quando de Bortoli fu costretto ad andarsene
dopo mesi di attacchi e lettere minatorie. Il
Corriere aveva una sola colpa: non
apparteneva al Cavaliere, dunque non passava
le sue veline, ma dava le notizie. Ergo era
comunista. Poi venne Mieli, ma l’importante
era affermare il principio che i direttori sgraditi
al Boss saltano. Mieli seguitò a dare le notizie e
si permise financo un paio di critiche. Finchè il
Boss disse pubblicamente che Mieli e Anselmi,
direttore della Stampa, “devono cambiare
mestiere”. Lo cambiarono entrambi. Al
Corriere tornò de Bortoli e fece un giornale
molto più accomodante del precedente: se ieri
c’erano Montanelli, Biagi, Sartori, Penati, Grevi
e Stella, controbilanciati da Galli della Loggia,
Panebianco, Ostellino, Romano, Franco,
Battista, oggi strabordano i secondi, intervallati
ogni 29 febbraio da qualche pallida critica.
Prima un colpo al cerchio e uno alla botte. Ora
cento al cerchio e uno alla botte. Ma non basta
ancora: il Corriere rimane comunista. Lo scrive
de Bortoli, nell’editoriale di ieri: caro
Presidente, non le bastano le dosi intensive di
Galli della Loggia e Battista? No che non gli
bastano. Lui è ingordo, bulimico, totalitario.
Pretende sempre di più. Non basta nascondere
lo scoop sulla D’Addario; o pubblicare le balle
spaziali di Della Loggia sull’inesistente
voltafaccia della Consulta o le corbellerie di
Cerchiobattista sul regime che non c’è perché
9 giudici costituzionali su 15 non si sono
appecoronati ai diktat di palazzo Grazioli; o
titolare “ironia del premier” sul volgare insulto
alla Bindi; o gridare al vilipendio a ogni battuta
di Grillo e a ogni critica di Di Pietro, e poi dar
fondo alle riserve di vaselina per minimizzare
le sparate eversive di Berlusconi e Bossi (titolo
di ieri: “La Lega: la Consulta va abolita.
Proposta-provocazione, Pdl più cauto”). Non
basta nemmeno intervistare ogni due per tre
Tarak ben Ammar e Marina Berlusconi come se
fossero osservatori indipendenti, e non
azionisti di Mediobanca e dunque del Corriere.
Il “terzismo”, semprechè sia esistito, è morto e
sepolto. Serviva a tener ferma la sinistra
mentre Berlusconi la menava. Ma oggi la
sinistra non c’è più, o si tiene ferma da sola. Il
Boss non vuole un Corriere ancor più
compiacente: lo vuole suo. Lo vuole come Il
Giornale, anzi ve lo ingloberebbe volentieri
sotto la direzione unica di Littorio Feltri. La
riduzione del danno, la modica quantità di
critiche, il compromesso quotidiano non
gl’interessano. Cedere ogni giorno un
centimetro di libertà per salvare il salvabile
non è sbagliato: è inutile. Come diceva Paolo
Sylos Labini, “chi accetta il meno peggio con
Berlusconi si prepara a un peggio ancora
peggiore”. Come dice Vittorio Cecchi Gori che
l’ha conosciuto bene, “Silvio è fatto così: se gli
dai un dito, lui si prende il culo”.
IfattidelFatto
Dopo l’appello ad “Annozero”, la vedova del magistrato
s’interroga sulle verità taciute. L’ex ministro Mancino
insiste: “Non ho mai parlato con il giudice. Perché Martelli
non mi disse nulla?”
di Antonio Padellaro
dc
I I primo fatto del Fatto è che in quin-
Amurri, Gomez e Travaglio pag. alle pagine 6 e 7 z
dici giorni di vita il giornale che sta-
te leggendo ha venduto, in media,
circa centomila copie e non è mai
sceso sotto quota 80mila. In più vanno
considerati i 36mila abbonamenti, di cui
13 mila postali e 23 mila via internet.
Ricordiamo che nel conto economico
della società editrice la nostra linea di
galleggiamento è stata fissata intorno al-
le 10-12mila copie. Sono numeri che,
naturalmente, ci danno entusiasmo ma
da leggere con estrema prudenza. Sap-
piamo bene che ogni nuova testata si
giova dell'effetto novità, senza contare
che due settimane non sono nulla nella
vita (speriamo lunga) del Fatto. Dunque,
piedi per terra è ciò che ci ripetiamo
ogni mattina anche se poi cautela e buo-
ni propositi durano poco davanti alle
continue manifestazioni di affetto e di
sostegno da cui siamo accompagnati.
Sappiamo che ci vorrà del tempo prima
che il giornale trovi la sua vera dimen-
sione in termini di copie. Ma neppure,
però, possiamo non vedere la realtà. Cre-
diamo che i lettori abbiano apprezzato
soprattutto il mantenimento della nostra
promessa numero uno. Un giornale sen-
za appartenenze e senza finanziamenti
pubblici e quindi un giornale assoluta-
mente indipendente da qualsiasi potere.
Principio che teniamo bene a mente
ogni giorno, quando scriviamo i nostri
ar ticoli.
Veniamo alle dolenti note. Chiediamo
scusa per i tanti refusi ed errori (imper-
donabile Abbruzzo con due b) dissemi-
nati nelle pagine (adesso un po' di me-
no). Il fatto è che siamo pochi e che il
lavoro è tanto. L’orario, poi, spesso ci
strozza costretti come siamo a chiusure
anticipate. Ciò non giustifica la sciatte-
ria, ma è cosi. Altro grosso
problema gli abbonamenti
postali. Molti ricevono il
giornale in ritardo, altri
non lo ricevono affatto.
Abbiamo protestato con
Poste Italiane fin dal primo
giorno e sembra che qual-
cosa stia migliorando. Co-
munque, come parziale ri-
sarcimento per un disser-
vizio non nostro tutti gli
abbonati postali potranno
usufruire di un mese gra-
tuito del Fatto. Di buona
volontà e di affetto vero
per i nostri lettori non di-
fe t t i a m o .
U di Furio Colombo
SINIS TRA
LE PAROLE
MAI DETTE
C hi perde il lavoro si ucci-
de. Finora ventiquattro
suicidi in meno di 2 anni alla
Telecom France. È una stra-
nezza francese? La storia è in-
teressante perché è organiz-
zata. I manager di quella
azienda hanno preparato un
piano.
pag. 10 z
U di Gianfranco Pasquino
PD, PRIMO
BAS TA
OLIGARC HI
torale triangolare Fran-
ceschini-Ber sani-Marino
non ha inserito nel dibat-
tito e nella cultura politica
degli italiani tematiche e
soluzioni attraenti e mobi-
litanti.
pag. 18 z
Il Lodo deposto - Da sinistra: lo sgomento di Gasparri, il Capezzone incredulo,
l’afflizione di Bondi, l’apprensione di Alfano, il patrocinio di Ghedini. Libera
interpretazione della Deposizione del Caravaggio – di Roberto Corradi
REGIME x L’obiettivo è far guadagnare copie al suo Giornale
BERLUSCONI FISCHIATO A MESSINA
EDITTO CONTRO IL CORRIERE
Jvan Sica
Il Berlusconi come
oggetto di consumo
La rabbia
della folla ai
funerali. Intanto
De Bortoli
risponde al
premier
n immunità
Quando
gli onorevoli
si autoassolvono
Lillo e Tecce pag. 4 e5 z
Decostruzione della politica e neotelevisione
pag. 2 e 3 z
pp. 136, euro 13,00, isbn: 9788886969895
Un “pacco” come gli altri
ma geniale, nel SuperMarket
della politica
C AT T I V E R I E
n personaggi
L’editore di Nobel
che gira in furgone
e brinda a chinotto
Comina pag. 14 z
Asterios
Franceschini: “Ci aspettano
giorni difficili”. Toccherà
fare opposizione
DALLARAGIONDISTATO”
di Marco Travaglio
F erruccio de Bortoli è un galantuomo. E il
L a lunga campagna elet-
(spinoza.it)
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pagina 2
S ilvio Berlusconi e gli editti, una coppia di
Domenica 11 ottobre 2009
Quando un editto
fatto. 2001, l’editto bulgaro : da Sofia, il
Cavaliere accusa Michele Santoro, Enzo
Biagi e Daniele Luttazzi di aver fatto un “uso criminoso
della tv pubblica, pagata coi soldi di tutti” ed esorta i
vertici Rai a “non permettere più che questo accada”.
Uno dopo l’altro, i due giornalisti e il comico vengono
fatti fuori. 2003, l’editto Rcs : il direttore del
Corriere, Ferruccio de Bortoli, si dimette per le forti
pressioni provenienti da ambienti berlusconiani,
insoddisfatti della copertura che il giornale riservava ai
processi del premier. 2004, l’editto Raiot : la Rai
chiude il programma di Sabina Guzzanti con la scusa di
doversi tutelare dalle possibili cause di Mediaset: lo
stesso metodo che si cerca di usare oggi per bloccare
Annozero. 2008, l’editto dei direttori : Berlusconi
dice che il direttore della Stampa, Giulio Anselmi, e
quello del Corriere, Paolo Mieli, devono “cambiare
mestiere”. Accontentato: i due vengono sostituiti.
2008, l’editto Mentana : la rottura tra Mediaset e il
conduttore di Matrix arriva dopo un lento
logoramento e un invito sgradito a Di Pietro. 2009,
editti contro i superstiti : Berlusconi si scaglia
contro Annozero, Report e Che tempo che fa.
del presidente
defenestra il direttore
ILNUOVOATTACCO
la Sera”, Ferruccio de Bor-
toli, incassa l’attacco di Sil-
vio Berlusconi e replica che
il giornale continuerà a rispon-
dere solo ai lettori “senza muo-
verci di un millimetro”. Venerdì
il presidente del Consiglio ave-
va colpito a freddo: “Il ‘Cor riere
della Sera’ da foglio conservato-
re della buona borghesia italia-
na è diventato un foglio di sini-
stra”. A via Solferino non se
l’aspettavano, proprio nel gior-
no in cui Pierluigi Battista soste-
neva in prima pagina che “in
Italia il regime non c’è”.
Ieri il quotidiano milanese, nell’
editoriale del direttore, ammet-
te “un unico grande torto, sia-
mo un giornale che ragiona con
la propria testa”. Segue un co-
municato sindacale del comita-
to di redazione: “Il nostro è un
organo d’informazione scritto
da giornalisti liberi”. C’è anche
un’intervista a Marina Berlu-
sconi - la seconda in un mese -
alla quale il vicedirettore Danie-
le Manca concede una paginata
per attaccare Carlo De Bendetti
riguardo alla condanna di Finin-
vest a risarcire la Cir di De Ben-
detti con 750 milioni di euro
per il lodo Mondadori (replica
serale, punto per punto, della
Cir). Un’intervista che è stata
letta come un ramoscello di uli-
vo verso la famiglia del premier
- lato Silvio, non Veronica - per
dimostrare che il “Corriere” re-
sta in sintonia con la grande im-
prenditoria milanese. Nei corri-
doi della redazione milanese re-
sta il dubbio: perché l’attacco di
Berlusconi arriva adesso? Gli
scoop su Patrizia D’Addario fir-
mati da Fiorenza Sarzanini arri-
vano prima dell’estate, sul lodo
Alfano il giornale ha mantenuto
circa la stessa linea della dire-
zione di Paolo Mieli: non ci pia-
ce ma va bene purché serva a
superare la questione giudizia-
ria e consenta finalmente di
parlare di cose serie. Quindi?
Ci sono dei precedenti: de Bor-
toli era stato costretto a dimet-
tersi nel 2003 per le pressioni
seguite al suo editoriale sugli
“onorevoli avvocaticchi”, Nic-
colò Ghedini e Gaetano Peco-
rella (ha appena perso in appel-
lo la causa per diffamazione).
Paolo Mieli, suo successore do-
po Stefano Folli, si era attirato le
ire berlusconiane - e di una par-
te dei lettori - con il famoso en-
dorsemen t pre-elettorale del
2006, la presa di posizione a fa-
vore del centrosinistra che Ber-
lusconi non ha dimenticato.
Come l’avviso di garanzia pub-
blicato sul “Corriere”, anche al-
lora di Mieli, nel 1994. A dicem-
bre 2008 Berlusconi invita i di-
rettori di “Stampa” e “Cor riere”
a cambiare mestiere. Lo fanno:
Giulio Anselmi finisce alla pre-
sidenza dell’Ansa, Paolo Mieli a
Rcs libri. De Bortoli lascia il “So -
le 24 Ore” e torna al “Corriere”
dopo aver rifiutato la presiden-
za della Rai e una lunga media-
zione curata da Cesare Geronzi,
presidente di Mediobanca,
azionista forte del “Corriere”.
Anche Berlusconi concede il
via libera, dopo la sconfitta del
suo candidato, Carlo Rossella. Il
“Corriere” è al centro delle at-
tenzioni del governo come rare
volte in passato, soprattutto di
Giulio Tremonti che impone un
editorialista economico amico,
Alberto Quadrio Curzio. Da
neodirettore de Bortoli inter-
viene a Porta a Porta sul caso
Noemi ma non incalza Berlu-
sconi. Al giornale ridimensiona
lo spazio dedicato alla politica e
soprattutto rinuncia al ruolo di
“kingmaker”: finisce l’era del
terzismo di Mieli, il giornale ab-
bandona l’ambizione di scom-
porre e ricomporre alleanze al
centro usando gli editoriali di
Mario Monti e Francesco Gia-
vazzi. Il basso profilo del de Bor-
toli bis è apprezzato dalle parti
di palazzo Chigi, dove già sono
ossessionati dai complotti delle
“élite irresponsabili”, come le
chiama Renato Brunetta.
Berlusconi avrebbe magnifica-
to i risultati di Feltri, spiegando
che sta anche diventando ric-
chissimo perché il suo stipen-
dio è legato alle vendite, che sa-
rebbero salite di 60 mila copie
(altre stime sono più caute:
15-20 mila). Secondo l’ultima
rilevazione, ad aprile “Il Gior-
nale” vendeva in media 176mi-
la copie, il “Corriere” 522mila.
E Feltri sogna di riportare “Il
Giornale” a 250mila copie di
venduto. Se poi Feltri volesse
davvero rilevare la proprietà
del quotidiano di via Negri, co-
me si vocifera, riportare il bilan-
cio in pareggio (dovrebbe suc-
cedere secondo Silvio Berlu-
sconi l’anno prossimo, dopo
22,6 milioni di perdite nel 2008
e 23,2 nel 2007) potrebbe esse-
re un utile primo passo per ac-
creditarsi come futuro ammini-
stratore. Troppa dietrologia per
una voce dal sen fuggita? Non
sarebbe però la prima volta che
Berlusconi trasforma le sue ap-
parizioni pubbliche in spot per
le proprie pubblicazioni, come
quando nella puntata di Porta a
Porta sul divorzio ha invitato a
comprare “Chi” (Mondadori)
“per sapere tutta la verità”.
La storica sede del
“Corriere della Sera” a
Milano, in via Solferino
(F OTO A NSA )
Nella pagina accanto,
un gruppo di
contestatori ai funerali
di Messina ( FOTO ANSA )
tacco berlusconiano manca
il casus belli . Resta quindi solo
una spiegazione, o almeno una
constatazione: dire che il “Cor-
riere” è di sinistra regala lettori
al giornale che più gli contende
il pubblico di centrodestra,
cioè “Il Giornale” di Vittorio
Feltri, edito da Paolo Berlusco-
ni, dove si rifugiano i delusi da
via Solferino (come ai tempi
dell’endorsement di Mieli). Se-
condo un retroscena pubblica-
to da “Italia Oggi”, all’ufficio di
presidenza del Pdl di giovedì
PARLANO GLI STORICI
LUISISENTEILPIÙPERSEGUITATO
MAAGIOBBETOLSEROSETTEMILAPECORE
be. Più perseguitato di lui, però più
paziente». Il professor Luciano Can-
fora, ordinario di Filologia greca e la-
tina, quando riflette su Berlusconi e la sua
ultima trovata (“Sono il più grande per-
seguitato della storia”), pensa a Giobbe .
Era ricco, “possedeva settemila pecore e
tremila cammelli, cinquecento paia di
buoi e cinquecento asine e molto nume-
rosa era la sua servitù”. Racconta l'Antico
testamento che era “uomo integro e ret-
to, temeva Dio ed era alieno dal male”.
Poi, una serie di disgrazie lo colpiscono e
gli amici non gli credono più. Se soffri,
vuol dire che hai peccato, gli dicono. E lui
a giurare la sua innocenza. La storia è pie-
na di incompresi. Berlusconi, però, si sen-
te il più incompreso di tutti. Ma il profes-
sor Canfora ridimensiona: “Stiamo attenti
a chiosare ogni idiozia che dice. Gli re-
galiamo due volte la stessa bravata. È una
scena già vista: nel fascismo non si faceva
che vivere attorno alle frasi del Duce. Co-
sì facendo, la ciurma dei seguaci si raffor-
za nella fede. Mi fa una certa impressione
tutto questo, siamo ai limiti della decen-
za. Stiamo su un piano inclinato, scivolia-
mo lentamente verso la dittatura”.
Ma il punto non è solo questo, è il prin-
cipio che non regge: “Anche Craxi diceva
la stessa cosa di sé. E Gelli pure – dice an-
cora Canfora – Ma è di cattivo gusto pia-
gnucolare sulle proprie disgrazie. Mazzi-
ni aveva addosso tutte le polizie del mon-
do, Foscolo pure. Ma nessuno dei due si è
mai lamentato di essere del perseguitato,
nonostante abbiano visto di peggio. Il pa-
ragone con i grandi per-
seguitati non regge. Chi
si lamenta è chi ha tor-
to».
carcere per bancarotta, diceva: “Sono
perseguitato da troppo tempo, ma sono
pronto a risorgere”. L'urlo al complotto di
Danilo Coppola, invece, fu un tantino più
plateale. Fuggito dall'ospedale di Frascati
dove stava scontando i domiciliari, l'im-
mobiliarista si fece
raggiungere da una
troupe di Sky a piaz-
zale Clodio, a Roma:
“Volevo rilasciare
quest'intervista per-
ché mi sento vitti-
ma, sono vittima di
un persecuzione
che ormai dura da
dieci mesi”. Infine,
anche il fotografo
rinviato a giudizio
per estorsione per
difendersi scelse la stessa strada: “Ero uno
spaccone – diceva Corona – ora sono un
perseguitato”. Insomma, la prassi è diffu-
sa. Ma ha tutto un altro tenore quando la
fa sua un presidente del Consiglio. “Che
Berlusconi avverta su di sé una concen-
trazione di critiche, anche forti, è inevi-
tabile – conclude Canali – la politica è fat-
ta così. Abbiamo avuto un Presidente del-
la Repubblica, Giovanni Leone, che si è
dimesso per una serie di accuse che poi si
sono rivelate infondate. Lui era un perse-
guitato perché poi è stato assolto. Ma sa,
queste cose vanno prese con le pinze”.
Canfora:
“Smettiamola di
chiosare ogni
idiozia che dice
il Cavaliere”
lotta, stringe i denti.
«Cosa avrebbero dovuto
dire gli armeni, i curdi, i
popoli colonizzati, i pel-
lerossa, i Maya? - ricorda
il latinista Luca Canali –
La storia non è altro che
una storia di guerre e di
persecuzioni. Ora che un piccolo uomo,
anche se con un notevole potere, dica di
essere perseguitato è ridicolo. I veri per-
seguitati sono altri: sono i Galileo Galilei,
che per sfuggire all'Inquisizione ha abiu-
rato le sue idee, sono i Giordano Bruno,
che invece pur di non ravvedersi si è fatto
bruciare vivo».
Per tornare ai giorni nostri, Berlusconi
quando grida alla persecuzione è in buo-
na compagnia. Insieme a lui recentemen-
te si ricordano Vittorio Cecchi Gori, Da-
nilo Coppola e Fabrizio Corona. Il primo
un anno fa, dopo la fine dell'esperienza in
Dimostrazione
di non ostilità:
due interviste
in un mese a
Marina Berlusconi
contro
De Benedetti
Berlusconi e il Corriere
di Stefano Feltri
I l direttore del “Corriere del-
Q uesta volta, insomma, all’at-
di Paola Zanca
I l primo che mi viene in mente? Giob-
C hi ha ragione resiste,
164361753.012.png 164361753.013.png 164361753.014.png 164361753.015.png 164361753.016.png
Domenica 11 ottobre 2009
L ui è il presidente del Consiglio e le
pagina 3
Se Mr. B. esce di casa:
tragedie (spesso evitabili) sono momenti
di lutto in cui le autorità istituzionali
rappresentano l’intero paese. Eppure, da un po’, i
momenti di folla per Berlusconi non sono sinonimo
di successo. Anzi. Oltre alle contestazioni di ieri, ai
funerali di Messina, il presidente del Consiglio è
stato fischiato negli ultimi tempi a Viareggio, a
L’Aquila e anche durante la festa della Repubblica, il
2 giugno a Roma. Arrivato a Viareggio all’indomani
del disastro ferroviario, il 30 giugno il premier se la
deve vedere con un folto gruppo di persone che gli
urla “vergogna”, “vai a casa”, “lascia stare i nostri
morti”. Anche a L’Aquila, qualche giorno prima, non
gli era andata benissimo. Visto che, arrivato alla
caserma della Guardia di Finanza di Coppito, era
stato duramente contestato. E anche in altre
occasioni ufficiali, Berlusconi non appare in sintonia
con le masse. Il 2 giugno scorso partono i “buuu” già
all’uscita da palazzo Grazioli a Roma. E quando il
premier si reca a Firenze, un gruppo di persone gli
agita contro le prime pagine dei giornali stranieri,
con i titoli sulle polemiche seguite alla festa di
compleanno di Noemi Letizia.
sempre più in crisi
con la folla
I N S I N UA Z I O N I
NAPOLITANO
NON VA AI FUNERALI
dialettica” bef farda-
mente promessa da
Silvio Berlusconi a
Giorgio Napolitano dopo
la sventagliata di insulti sul
lodo Alfano? Certo, la fase
della presunta tregua co-
mincia nel segno più pro-
vocatorio. Con “Il Giorna-
le” di famiglia che accusa-
va ieri mattina, in prima pa-
gina, il capo dello Stato
nientemeno di aver diser-
tato i funerali delle vittime
di Messina per il capriccio
di “evitare Silvio”. Per non
incontrarlo e “stringergli
la mano”. Il comunicato uf-
ficiale del Colle annuncia-
va che Napolitano non sa-
rebbe partito per un ‘im-
pedimento’. Un termine
che “Il Giornale” qualifica
come “generico”, e invece
nel linguaggio del Quirina-
le è sinonimo di malanno.
Infatti si tratta di una cavi-
glia già malmessa durante
il viaggio di fine settembre
in Corea e Giappone, pro-
tetta da un tutore piccolo,
ma ben visibile tra la scar-
pa e il risvolto dei pantalo-
ni. A Matera e Potenza,
qualche giorno dopo, per
il Presidente sono stati altri
dolori, forse per un’ in-
fiammazione ai tendini, a
causa di un selciato piutto-
sto sconnesso. Per cui - si
torna a precisare informal-
mente dal Quirinale - sono
state proprio le condizioni
fisiche a impedire a Napo-
litano di partecipare per-
sonalmente all’omaggio
alle vittime di Messina. Del
resto, anche in passato du-
rante altri momenti di ten-
sione, Napolitano non ave-
va esitato a mostrarsi in
pubblico al fianco del pre-
mier, ubbidendo alle ne-
cessità del cerimoniale.
Il calendario degli impegni
presidenziali non verrà ri-
visto dalla campagna di de-
nigrazione. La settimana
che si apre domani presen-
ta un crescendo di appun-
tamenti che rappresenta
una certa innovazione ri-
spetto alla prassi misurata
e sobria del presidente.
Non c’è nulla di preordina-
to, si tratta di scelte di ce-
rimoniale preparate da set-
timane se non da mesi. Ma
Napolitano assolverà a un
impegno pubblico al gior-
no, e non è previsto che in
alcuna di queste occasioni
il capo dello Stato si incon-
tri con Berlusconi. Lunedì
12 ottobre all’Università
La Sapienza è previsto un
intervento alla manifesta-
zione Sapienza Ricerca , sul
tema della scienza nelle
università. L’indomani ci
sarà un altro discorso pub-
blico alla Conferenza dei
Prefetti e qui il governo sa-
rà rappresentato dal mini-
stro dell’Interno. Mercole-
dì 14 ottobre, in piazza del
Popolo, c’è qualche teori-
ca eventualità di un ren-
dez-vous con il presidente
del Consiglio, che però
non si sa né se sia stato in-
vitato né se parteciperà
all’evento delle celebra-
zioni del 180° anniversario
di fondazione del Corpo
Forestale. Giovedì
a Torino il presi-
dente Napolitano
parteciperà a una
commemorazione
del filosofo Nor-
berto Bobbio. Ve-
nerdì 16 ottobre
sarà di nuovo al
Quirinale per la
Giornata dell’In-
formazione, un im-
pegno un po’ r itua-
le che assume un significa-
to particolare in tempi di
minacce alla libertà di
stampa.
Il concetto che il presiden-
te probabilmente vuol ri-
badire nelle sue prossime
uscite è quel che ha scritto
di getto nelle ore in cui l’as -
salto di Berlusconi al Colle
si faceva più pesante e gra-
ve, con il suo: “lo sappia-
mo Napolitano da che par-
te sta”. E l’altra sera Napo-
litano rispose: “Tutti san-
no da che parte sta il pre-
sidente della Repubblica.
Sta dalla parte della Costi-
tuzione”. Anche se prossi-
mamente i due torneranno
a incontrarsi, queste paro-
le sembrano aver tracciato
un confine netto tra due
concezioni antitetiche.
me di chi ha perso tutto, la
casa e i figli sotto il fango di
Giampilieri e di Scaletta. E
la rabbia di chi sa che la tragedia
poteva essere evitata. Di chi è
stanco delle promesse del do-
po, di chi ha letto sulla Gazzetta
del Sud le parole di Berlusconi:
ricostruiremo subito, il Ponte si
farà, le grandi opere non si toc-
cano. Sentimenti forti che
esplodono sulla piazza del Duo-
mo. Le 21 bare coperte dal tri-
colore non ci sono più, il Capo
del Governo esce dall'ingresso
principale della chiesa più im-
portante di Messina sulla piazza
dove, fin dalla mattina, sono ac-
calcate un migliaio di persone
per i funerali delle vittime del-
l'alluvione.
Partono fischi, urla, slogan.
“Buffone vai via”. “Siete degli
assassini. I morti sono colpa vo-
stra”. Un centinaio di persone,
e Berlusconi a testa bassa, pro-
tetto dalla scorta, raggiunge la
sua macchina. Gli applausi so-
no pochi e c'è solo un ammira-
tore. “Silvio vai avanti, solo tu
puoi salvare l'Italia”.
A Messina, i morti sono stati
contati, ai vivi rimane l'ango-
scia per i lutti e l'incertezza del
futuro. Nella cattedrale ventu-
no bare allineate, una madre
che si accascia su quelle dei
suoi due figli giovani. Li hanno
trovati abbracciati sotto le ma-
cerie della loro casa. Quelle dei
troppi bambini uccisi dal fango
hanno un palloncino bianco at-
taccato. Ci sono scritti i nomi
col pennarello. Ilaria, cinque
anni, morta insieme a sua ma-
dre. Lorenzo due anni, France-
sco, sei. Ventuno bare. Troppe
vite spezzate nell'Italia dove le
tragedie si ripetono con mono-
tonia. Sarno, Quindici, Giampi-
lieri, Scaletta. Monsignor Calo-
gero La Piana, l'arcivescovo del-
la città, pronuncia parole seve-
re. “Questo nostro territorio è
stato violentato dal peccato del-
l'uomo, dalla negligenza, da in-
teressi privati ed egoistici, da lo-
giche perverse e da speculazio-
ni di ogni ordine e grado”. Sui
primi banchi della Cattedrale è
seduta la Sicilia della politica. Il
sindaco Giuseppe Buzzanca e i
suoi assessori, gli stessi che
stanno allargando il Piano rego-
latore a colpi di varianti, spalan-
cando così le porte a nuove de-
vastazioni del territorio nella
città dove si costruisce sotto
URLAEFISCHI
ALPREMIER
A Messina lutto e rabbia
“Buffone, vai via”
colline fragili e sul greto di pe-
ricolose fiumare. Ci sono i sici-
liani che governano l'Italia,
Schifani, Alfano, i sottosegreta-
ri, gli stessi che hanno lesinato i
soldi per la tutela del territorio.
E c'è Anna Finocchiaro. Rappre-
senta la Sicilia che è all'opposi-
zione nei comuni, alla regione e
al governo nazionale. Una op-
posizione schiacciata dall'im-
potenza dei numeri e dalla man-
canza di proposte politiche e
che da anni non riesce a costrui-
re un’alternativa credibile per
un nuovo modo di governare la
Sicilia. A tutti l'Arcivescovo
chiede “la garanzia di un piano
di sicurezza fatto di opere con-
crete e non di carte o di parole
vuote o di circostanza”. Parole
che risuonano inascoltate nelle
navate della cattedrale. Perché
anche su questa tragedia è tutto
un fiorire di promesse. “Fa re m o
come in Abruzzo, ricostruire-
mo subito”, ha già detto Silvio
Berlusconi. Messina come l'A-
quila. Si costruiranno case pre-
fabbricate per gli alluvionati,
fuori dai territori devastati, alla
periferia della città. Bisogna so-
lo individuare le aree. Per la
messa in sicurezza di colline e
fiumare non ci sono soldi, per-
ché sono stati già spesi altrove.
Anche per questo la gente fuori
dalla Cattedrale fischia.
esclusivamente a eventi natura-
li, ma sono frutto dell'incuria,
della sottovalutazione, della
cattiva amministrazione, del
malaffare. E tutto ciò chiama in
causa responsabilità politiche.
Sono anni che ci battiamo ina-
scoltati per il rimboschimento,
per il risanamento e il recupero
ambientale, contro l'abusivi-
smo e il degrado del territorio.
Invece di far passerella, politici
e amministratori diano un se-
gnale di pentimento per qual-
cosa che poteva essere evitato”.
Ma per le vittime di Messina, co-
me per quelle di Sarno o per i
ragazzi morti sotto le macerie
della Casa dello studente a l'A-
quila, nessuno si pentirà mai.
M ariella Maggio, la segretaria
della Cgil siciliana, spiega
così le contestazioni. “La pre-
senza dei responsabili della
strage di Messina ai funerali non
può che far crescere la rabbia e
il timore che si continui ad an-
dare avanti come sempre, senza
alcuna considerazione per le vi-
te umane. Le frane, le alluvioni,
i morti non sono da imputare
Secondo una nota
del Quirinale, un
‘impedimento’ di
salute ha bloccato
il capo dello Stato
Berlusconi deve andare avanti con
il suo governo e deve cercare di risolvere
la crisi. In questo momento delicato è
importante non delegittimare le
istituzioni. Non abbiamo bisogno di
elezioni, ma anzi di un governo, un
governo di Silvio Berlusconi che deve
andare avanti”. Parole che, scandite a un
convegno di Fare Futuro, la fondazione di
Gianfranco Fini, valgono doppio. La
presidentessa di Confindustria crede
nell’esecutivo, aspetta ancora le riforme
invocate qualche mese fa all’assemblea
annuale degli industriali. Ma c’è anche
un’Emma di lotta, che si foga in
un’intervista al “Piccolo” di Trieste,
quotidiano molto letto dagli
imprenditori che non vogliono nuovi aiuti
alla Fiat e iniziano a protestare. Qui la
Marcegaglia usa ben altri toni: “Mentre
impreditori e lavoratori sono impegnati
in uno sforzo enorme per fronteggiare la
crisi, la classe politica ci appare
tragicamente distratta da piccole beghe
di Palazzo. E noi ci sentiamo più che mai
soli”. Emma continua a oscillare, tra la
solidarietà e la critica, in attesa di
trovare una linea precisa per una
presidenza che finora ne è stata priva.
Nella cattedrale
21 bare,
l’arcivescovo
condanna
la speculazione
e l’assenza
di sicurezza
“IL GIORNALE”
LANCIA L’AFFONDO
di Vincenzo Vasile
S arà questa la “leale
di Enrico Fierro
I l dolore e la rabbia. Le lacri-
CONFINDUSTRIA BIFRONTE
EMMA DI LOTTA E DI GOVERNO
D ice Emma Marcegaglia: “Silvio
164361753.017.png 164361753.018.png 164361753.019.png 164361753.020.png 164361753.021.png
pagina 4
I l collegio Tribunale dei Ministri è una
Domenica 11 ottobre 2009
NUOVE CASTE
Da Mastella ad Alfano:
sezione speciale del Tribunale
Ordinario di Roma che ha il compito di
giudicare i ministri in carica, disciplinato dalle
legge Costituzionale numero 1 del 16 gennaio
1989. Si occupa dei reati commessi nell'esercizio
delle loro funzioni dal Presidente del Consiglio
dei Ministri o dai Ministri, la pena è aumentata
fino ad un terzo in presenza di circostanze che
rivelino la eccezionale gravità del reato. Uno
degli ultimi casi che ha investito il Tribunale
riguarda l’inchiesta giudiziaria per abuso d’ufficio
– anticipata dal nostro giornale - che vede
indagato il ministro Alfano. Le carte sono sotto
esame - si stanno definendo alcuni accertamenti
- poi torneranno alla procura di Roma. Il ritardo
sul parere è stato causato dagli impegni del
Guardasigilli: si è andati avanti a rinvio su rinvio.
Al vaglio dei giudici è anche la verifica dell'ipotesi
che la tardiva formulazione del parere potesse
essere riconducibile ad un condizionamento
nelle indagini che, all'epoca, la magistratura
pugliese stava conducendo sull'attuale ministro
dei Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto.
il tribunale speciale
per i membri del governo
DAL PETROLIO AI FESTINI:
ì
Antonio Angelucci
La truffa delle
cliniche? Macchè
L a procura
I SOLITI INTOCCABILI
Indagini negate, cavilli: così i politici si autoassolvono
di Velletri
chiede -
nell’ambito di
un’inchiesta
sulla casa di cura San
Raffaele gestita dalla To-
sinvest - i domiciliari per
l’editore di Libero e del
Riformista: maxitruffa
di 170 milioni alla sanità
del Lazio. Alla Giunta An-
gelucci ricorda “che 4
procedimenti – tra il
1999 e il 2006 – sono fini-
ti con assoluzione”. Mo-
rale della favola per la
Giunta: “È una vittima”.
Salvatore Margiotta
Il caso Tamoil
e il salvataggio Pd
C ontro di
putato del Pdl molto ca-
ro a Silvio Berlusconi.
Uno dei pochi maschi
ammessi alle feste di villa Cer-
tosa in Sardegna. Ecco, prima
di dare il via libera alla reintro-
duzione dell’immunità parla-
mentare, i politici del Pd più
sensibili alle sirene del centro-
destra, come Marco Follini,
dovrebbero leggere con atten-
zione la sua storia. Simeoni è
imputato per corruzione nel
processo contro Anna Iannuz-
zi, meglio nota come lady Asl,
una signora che, grazie ai suoi
agganci politici, e alle sue truf-
fe era riuscita a rubare ai con-
tribuenti laziali decine di mi-
lioni di euro. Quando si è pen-
tita, Anna Iannuzzi ha raccon-
tato di avere stipendiato rego-
larmente Simeoni, allora as-
sessore alla formazione e coor-
dinatore nel Lazio di Forza Ita-
lia. Silvio Berlusconi lo ha pre-
miato con una candidatura
blindata nel 2006 nonostante
l’accusa fosse basata oltre che
sulle parole della corruttrice
anche sulla confessione del se-
gretario. Si chiama Giampaolo
Scacchi e ha raccontato di ave-
re ricevuto da Lady Asl per il
suo capo uno stipendio men-
sile di 5 mila euro, poi saliti a
10 mila. Più una somma una
tantum di 600 mila euro. No-
nostante un quadro probato-
rio così schiacciante, la giunta
per le autorizzazioni della Ca-
mera, ha negato il via libera
all’arresto di Simeoni. Scacchi
è stato ricandidato nel 2008, e
GIAN ANTONIO STELLA
L’ONDA ANTI-PRIVILEGI
È STATA NARCOTIZZATA:
È PEGGIO DI PRIMA
L a Casta oggi è più forte e il ripristino dell'immunità po-
trebbe rappresentare la chiusura di un processo di restau-
razione. Però per Gian Antonio Stella, firma di punta del
“Corriere della sera” e autore del best seller "La casta",
scritto nel 2007 con Sergio Rizzo "l'azione dei magistrati non
credo preoccupi più di tanto i politici. I pm non fanno paura al
cittadino qualunque, figurarsi ai potenti".
Si riparla di immunità, la corruzione dilaga. Due anni do-
po, cosa rimane dell'ondata di indignazione seguita al vo-
stro libro nel 2007?
Bisogna accettare l'idea che l'indignazione collettiva non è un
sentimento eterno ma un'onda che va e viene. Ora mi sembra
siamo in piena risacca.
Ora si parla addirittura di ripristinare l'immunità. Secon-
do lei, se lo facessero, ci sarebbe una scossa?
Non mi stupirei se la destra introducesse una qualche forma di
immunità. Anzi. Se saranno bravi ad agghindarla bene, il cen-
trosinistra potrebbe anche accettarla.
E i suoi lettori? Quelli che protestavano contro i ministri
Mastella e Rutelli che usavano gli aerei di stato per andare
al Gran Premio? Non fiateranno?
Mi sono chiesto spesso cosa sarebbe accaduto se "La casta" fos-
se uscito oggi. Chissà se avrebbe avuto quel successo. Non cre-
do. L'elettore di centrodestra è di bocca più buona. Berlusconi
ha usato un elicottero della Protezione civile per andare al cen-
tro Messeguè a fare i massaggi. Ti immagini cosa sarebbe ac-
caduto se lo avesse fatto D'Alema? Una rivoluzione!
Perché ai leader di destra invece perdonano tutto?
Magari non perdonano. Però ci passano sopra. Persino quando
si vedono i vigili del fuoco che fanno da accompagnatori a Gian-
franco Fini durante le sue immersioni, quasi nessuno si indigna.
Gli elettori di sinistra no, loro hanno punito duramente i leader
che avevano snobbato l'indignazione popolare come un sen-
timento "di destra". Non era così. Ma l'hanno capito troppo tar-
di. D'altra parte perché l'indignazione dei cittadini su questi
temi è sana in Inghilterra e qui è bollata di qualunquismo?
Sembra che i politici in questo periodo non abbiano limiti
né controlli.
Il periodo è quello che è. La magistratura mi sembra che abbia il morale
basso, l'opposizione anche. Ma il primo controllo che non funziona è
proprio l'elettorato. Se la Casta è più forte è perché ha il consenso.
Oggi il dibattito è tutto qui: noi abbiamo vinto, voi perso. Fine.
Ma se i media raccontassero bene gli elicotteri di Berlu-
sconi, e tutto il resto, sarebbe lo stesso?
Non credo. È chiaro che le tv hanno un ruolo fondamentale. I gior-
nali, più o meno, fanno il loro dovere. Ma le televisioni che orien-
tano gran parte dell'opinione pubblica non raccontano più tutto
come due anni fa. E se non sai le cose, come fai a indignarti?.
.
lui il pm
Wo o d c o c k
chiede la mi-
sura cautelare
(poi respinta dal Riesa-
me). Il destino di Mar-
giotta - dicembre 2008 -
passa nelle mani della
Giunta. Che si compatta:
Leone (Pdl) vota no, Gia-
chetti (Pd) idem. Loren-
zo Ria annuncia che il
suo gruppo “voterà con-
tro”. Il Pd è compatto.
Due sedute e – a maggio-
ranza – la Giunta delibe-
ra in favore di Margiotta.
Raffaele Fitto
Falso in bilancio?
Condonato
L a giunta
zazioni a procedere ha perso
una parola: solo autorizzazio-
ni, il processo non è più impe-
dito dall’immunità totale. Re-
siste un’immunità parziale
sull’insandacabilità delle
espressioni fuori e dentro l’au-
la dei parlamentari.
Nella XIV legislatura, governo
di Silvio Berlusconi, è stata ac-
colta una delle 118 richieste di
processare un parlamentare
per le sue dichiarazioni. Con
Romano Prodi a Palazzo Chigi,
la statistica sale rapidamente
al 20% (4 sì, 21 no) e si man-
tiene più o meno costante nel-
la corrente XVI legislatura (2 sì
e 16 no).
no. Roberto Giacchetti (Pd) fa
un discorso sui massimi siste-
mi, “osserva che fino a prova
contraria i parlamentari sono
tutti onesti e hanno la mede-
sima legittimazione”. Giac-
chetti vota no. Lorenzo Ria si
fa portavoce dei colleghi, “an-
nuncia che il suo gruppo vo-
terà contro”. Il Pd è compatto.
Due sedute, un’oretta di lavo-
ro e – a maggioranza – la Giun-
ta delibera in favore di Mar-
giotta.
Colore diverso e stesso risulta-
to, pochi mesi dopo. La procu-
ra di Velletri - nell’ambito di
un’inchiesta sull’attività della
casa di cura San Raffaele gesti-
ta dalla Tosinvest - chiede gli
arresti domiciliari per Antonio
Angelucci, editore di Libero e
del Riformista. Le 800 pagine
di ordinanza del gip accusano
la nota famiglia di imprendito-
ri sanitari di una maxitruffa di
170 milioni ai danni della sa-
nità regionale del Lazio. Du-
rante la seconda delle tre sedu-
te, Angelucci ricorda alla
Giunta i suoi successi giudizia-
ri e sottolinea “in primo grado
o in sede d’appello sono stato
assolto in ben quattro proce-
dimenti tra il 1999 e il 2006”.
Poi aggiunge, “la procura di
Velletri è sita vicino a uno dei
siti ospedalieri”. Insomma, la
logistica crea un conflitto di
interessi. Ma Angelucci non
deve temere, la Giunta è com-
prensiva. Il solito Leone del
Pdl afferma: “ormai la magi-
stratura tende a forgiare la fi-
gura dell’’ imputato di qualità’,
colui cioè che per il solo fatto
di aver un prestigio sociale e di
essere investito di pubbliche
funzioni è capace di delinque-
re ed è socialmente pericolo-
so”. Maurizio Turco del Pd, è
solidale con Angelucci e con
altre migliaia di imputati: “È
una vittima, ma non della per-
secuzione della magistratura
di Velletri, bensì della giustizia
così come congegnata in Ita-
lia”. Anche Angelucci è salvo.
per le au-
torizzazioni
della Camera
ha negato
all’unanimità l’arresto
dell’ex governatore della
Puglia e attuale ministro
per gli Affari regionali per
falso in bilancio, corruzio-
ne e violazione delle nor-
me sul finanziamento dei
partiti. Fitto aveva detto di
voler rinunciare all’im-
munità ma prima la Giun-
ta e poi l’aula hanno fatto
di testa loro, salvandolo.
Iinoltre i par-
lamentar i
non possono
essere arre-
stati e perqui-
siti senza au-
tor izzazione
delle camere.
Come è stato
usato questo
potere? Dal
1983, per To-
ni Negri, la
Camera non
concede un arresto. Il caso Si-
meoni risale alla legislatura
precedente, a guida centrosi-
nistra. I casi più eclatanti di di-
niego decisi dalla Giunta attua-
le presieduta da Pierluigi Ca-
stagnetti (Pd) nella XVI legisla-
tura riguardano i deputati Sal-
vatore Margiotta (Pd) e Anto-
nio Angelucci (Pdl). Il pm
Woodcock chiede la misura
cautelare di Margiotta (poi re-
spinta dal Riesame): appalti
sul petrolio della Basilicata,
tangenti per agevolare Tamoil.
Siamo nel dicembre del 2008.
L’amministratore delegato
della Tamoil viene arrestato,
mentre il destino di Margiotta
passa nelle mani di Castagnet-
ti e degli altri 20 componenti
della Giunta. Antonio Leone
(Pdl) “definisce fantasiose le
iniziative giudiziarie del dot-
tor Woodcock”. Leone vota
Le tentazioni
di Berlusconi & co.
specchio di un sistema
che mortifica il
principio d’uguaglianza
M.L.
r ieletto.
Se fosse stata in vigore la vec-
chia immunità, che impediva
addirittura il processo, Simeo-
ni oggi sarebbe completamen-
te al sicuro. E forse è proprio
questo il vero obiettivo del mi-
nistro Angelino Alfano: ripri-
stinare l’impunità per permet-
tere ai tanti Simeoni che circo-
lano per i palazzi italiani di
continuare l’assalto alla dili-
genza senza paura.
Nella prima repubblica molti
processi si sono conclusi pri-
ma ancora di cominciare per-
ché la vecchia formulazione
dell’articolo 68 della Costitu-
zione. Nel 1993 hanno ridotto
lo schermo dell’immunità per
sopire l’indignazione colletti-
va e popolare di Mani Pulite
ma deputati e senatori restano
cittadini speciali dinanzi alla
legge. La Giunta delle autoriz-
LODI NEGATI
di Pino Corrias
riguardava “le quattro più alte
cariche dello Stato” com’è che in questi
giorni, dopo la sua bocciatura, sta
strepitando una sola? E per di più la
quarta, cioè la più bassa tra le alte? Per la
verità Gianfranco Fini, terza carica, aveva
già mostrato un pieno disinteresse a quel
vantaggio legislativo e lo aveva abrogato
(nella querelle con il pm Woodcock)
sebbene in forma singola, con modalità
quieta, e con il giusto orgoglio di non
mischiare le proprie ragioni con la viltà
che quella norma sollecita e protegge.
Napolitano, la prima carica, l’ha ignorata
prima e dopo. Schifani, la seconda carica,
l’ha prestamente elogiata e messa nella
dispensa, non si sa mai, ma in queste ore di
prudente eloquio e prudenti silenzi, ha
usato certi sorrisi per raffreddare gli animi.
In special modo quelli del capo. Il quale
ringhia, insulta, oltraggia, minaccia. Dice
di essere stato preso in giro, anzi tradito.
Dice che mostrerà agli italiani di che pasta
è fatto. E di che sugo. Chiede persino
rispetto per la sua più bassa carica tra le
alte ignorando che il rispetto uno se lo
conquista non con i voti, come insegnò
Barabba, ma con la buona educazione a
pranzo, a cena e specialmente dopo cena.
I PROTAGONISTI
di Marco Lillo
e Carlo Tecce
G iorgio Simeoni è un de-
LA QUARTA CARICA
M a se il lodo del cosiddetto Alfano
164361753.022.png 164361753.023.png 164361753.024.png 164361753.025.png 164361753.026.png
Domenica 11 ottobre 2009
I parlamentari italiani non sono più coperti
pagina 5
NUOVE CASTE
Quella svolta del ‘93
dall’immunità, ora la magistratura può
svolgere le indagini senza chiedere
l’autorizzazione alla Camera, da quando (nel ’93) è
stato modificato l’articolo 68 della Costituzione. Il
lasciapassare della Camera è ancora necessario per
l’arresto o altre limitazioni della libertà personale.
La Giunta sulle autorizzazione è competente sulle
questioni relative all’insidacabilità delle opinioni
espresse e dei voti dei deputati, sulle misure
cautelari, le intercettazioni e le perquisizioni. Il
ruolo della Giunta è riassunto dall’articolo 18 del
regolamento: “È composta di 21 deputati nominati
dal Presidente della Camera non appena costituiti i
Gruppi parlamentari. Riferisce all’Assemblea nel
termine tassativo di 30 giorni dalla trasmissione
fatta dal Presidente della Camera, sulle richieste di
sottoposizione a procedimento penale e sui
provvedimenti comunque coercitivi della libertà
personale o domiciliare riguardanti deputati. Per
ciascun caso la Giunta formula proposta di
concessione o di diniego dell’autorizzazione. Prima
di deliberare, invita il deputato interessato a
fornire chiarimenti”.
e i paletti per l’arresto
degli onorevoli
con le monetine
contro Craxi
Quando lo sdegno popolare costrinse il Parlamento
ad abolire l’immunità che si era trasformata in impunità
Bettino Craxi
di Marco Travaglio
I l 29 aprile 1993, di buon
cando di sedare le risse, poi
formano un cordone umano
che divide in due l’emiciclo.
Giorgio La Malfa protesta:
“Abbiamo scavato un abisso
con la pubblica opinione”. Il
dc Francesco D’Onofrio ac-
cusa Msi e Lega di aver salvato
Craxi nel segreto dell’urna,
per delegittimare il Parlamen-
to e scatenare la piazza. Gli
risponde urlando Gianfranco
Fini, suo futuro alleato: “È una
mascalzonata, siete stati voi
ladri a difendere un ladro”. E
Bossi: “È una mascalzonata
dei porci democristiani”. I so-
cialisti si trasferiscono in mas-
sa all’hotel Raphael a festeg-
giare Craxi. Arriva anche Ber-
lusconi. Maroni invoca “ele-
zioni subito”. Diego Novelli
annuncia che la Rete si auto-
sospende dal Parlamento
“per non confondersi con la
palude del regime della cor-
ruzione”. Occhetto ritira dal
governo neonato: i ministri
Visco, Barbera e Berlinguer,
seguiti a ruota dal verde Ru-
telli. Il “popolo dei fax” si mo-
bilita. In piazza sventolano di
bandiere rosse miste a quelle
verdi della Lega e tricolori
dell’Msi. Sul Corriere, il giu-
stizialista Galli della Loggia si
straccia le vesti: “E’ ormai
chiaro che sulla scena pubbli-
ca italiana esiste un nocciolo
duro di malaffare politico…
Dc-Psi sufficientemente forte
per tentare una battaglia di re-
sistenza contro il cambiamen-
to”.
Perciò intima a Ciampi di
“mettere con le spalle al muro
il nucleo della sua stessa mag-
gioranza, spingerla a viva for-
za, con le buone o con le cat-
tive, verso il suicidio politico
di se medesima”. Craxi viene
bersagliato di monetine e
banconote false da una pic-
cola folla riunita dinanzi al Ra-
phael.
parlamentari propongono
l’abrogazione di quello che
Fini, Gasparri e La Russa de-
finiscono “un privilegio me-
dievale” e uno “strumento
per sottrarsi al corso neces-
sario della Giustizia”, mentre
la Lega (che ha appena sven-
tolato un cappio da forca a
Montecitorio) lo bolla con
Bossi, Maroni e Castelli come
“immotivato e ingiustificato
privilegio senz’altra giustifi-
cazione se non un corporati-
vo interesse di parte”, con
“conseguenze aberranti e
inaccettabili”. Il relatore è
Carlo Casini, braccio destro
di Forlani (ora eurodeputato
Pdl): “Il principio del prin-
ceps legibus solutus è medie-
vale e quindi superato. Se vi è
istanza di eguaglianza, quin-
di, essa deve riguardare in pri-
mo luogo gli autori della leg-
ge”. Tutti i partiti di maggio-
La classe
politica,
nel disperato
tentativo di
salvare la faccia,
cancellò
l’autorizzazione
a procedere
mattino, i ministri del
nuovo governo Ciampi,
subentrato ad Amato, giu-
rano davanti al presidente
Scalfaro. Nel pomeriggio la
Camera deve votare pro o
contro cinque richieste di au-
torizzazione della Procura di
Milano contro Bettino Craxi,
accusato di corruzione, con-
cussione e finanziamento il-
lecito. La giunta di Monteci-
torio ha già detto sí, escluden-
do che le accuse del pool sia-
no viziate da fumus persecu-
tionis. Craxi si difende per 53
minuti. Intona il “così fan tut-
ti”, strilla contro i “processi
sommari di piazza”, evoca
complotti.
A favore dell’autorizzazione a
procedere si dichiarano Ri-
fondazione, Pds, Rete, verdi,
radicali, Pri, Lega e Msi. La Ca-
mera vota a scrutinio segreto
e per quattro volte respinge le
richieste dei magistrati. Ac-
colta (e per appena due voti)
solo una richiesta. L’aula di-
venta una bolgia. ”Ladri! La-
dri!”, gridano in coro le op-
posizioni di destra e sinistra.
“Elezioni! Elezioni!”. Tra i so-
cialisti c’è chi piange di gioia.
Amato non è presente in aula
e ci tiene a farlo sapere: “Per
me sarebbe stato particolar-
mente difficile decidere co-
me votare”. Gridano i leghi-
sti, urlano i missini, che lan-
ciano in aria pacchi di volan-
tini. I commessi corrono cer-
lo: basta impunità. E la
classe politica, nel tentativo
disperato di salvare la faccia,
abolisce l’autorizzazione a
procedere, nata per proteg-
gere le opposizioni da proces-
si per reati politici e trasfor-
mata in un salvacondotto per
coprire i delitti più infami,
dalla mafia alla corruzione,
giù giù fino agli assegni a vuo-
to e alle percosse. Nella legi-
slatura finita nel ’92, il Parla-
mento ha respinto 186 richie-
ste su 229. E in un anno di
quella nuova ne sono piovute
ben 540: 107 per corruzione,
89 per concussione, 46 per
ricettazione, 116 per finan-
ziamento illecito, 108 per
abuso. Così ben 11 gruppi
ranza e opposizione votano a
favore. Il 12 ottobre la Came-
ra approva con 525 sí, 5 no
(fra cui Sgarbi) e un astenuto.
Il Senato fa altrettanto il 27
ottobre, con 224 sí, 7 astenuti
e nessun no. Oggi i superstiti
sono quasi tutti per l’immu-
nità. Anzi, per l’autoimmuni-
tà.
EX MANAGER NEL MIRINO
RICICLAGGIO MEDIASET: LA SVIZZERA SCONGELA L’INCHIESTA
di Leo Sisti
un’altra indagine, parallela alla sua, che vede al centro il
premier Silvio Berlusconi sotto la sfera dell'appropria-
zione indebita. Si sta parlando di diritti televisivi, cioé
dell'acquisto di film dalle grandi case di Hollywood, a
prezzi gonfiati, grazie all'intervento del produttore Usa,
ma egiziano di origine, Frank Agrama, grande amico da
decenni del Cavaliere. Si compravano, per esempio, a
un milione di dollari, pellicole in seguito rivendute a
Mediaset ad un costo superiore, anche di tre volte, gra-
zie allo schermo di società off shore di mister Agrama.
Attenzione però a non fare confusione. Se Berna esce
allo scoperto, lo fa nell’ambito di un procedi-
mento, quello del pm De Pasquale, che però an-
cora deve approdare alla chiusura della sua fase
preliminare con la eventuale richiesta di rinvio a
giudizio. Da non confondere con il processo,
sempre a Milano, per fatti, tra l'altro di frode fi-
scale, dove Berlusconi, con Agrama, è già impu-
tato “sospeso” per sopraggiunto “lodo Alfano” e,
dal 6 ottobre, causa decisione della Corte Costi-
tuzionale, non più coperto da immunità (tra po-
co ci sarà la prima udienza). Anche qui, il nodo è
lo stesso: compravendita di pizze made in Hol-
lywood, sempre a costi esagerati, negli anni ‘90,
per un totale di 470 milioni di euro. Diamo un
nome a tutto questo? Processo Mediaset-diritti
Tv a Milano, allo start. Inchiesta Mediatrade-Mi-
lano-Berna, da concludere, sbocciata per parte-
nogenesi dalla prima, ora verso il dibattimento. Si
chiama Mediatrade dal nome della società, sem-
pre del gruppo Fininvest, che a fine anni '90, su-
bentra a Mediaset nel business con Hollywood,
via Agrama. Per capire di più, un passo indietro:
esattamente quando, a fine novembre 2005, 50
agenti Fbi agli ordini dell'”attorney” di Los An-
geles Jason Gonzalez, irrompono negli uffici di
Agrama, a Sunset Boulevard, perquisendo e por-
tando via migliaia di documenti, poi finiti a De Pasquale
grazie a una rogatoria del 2003. Verrà fuori che tra il ‘98 e
il 2002 Agrama, con la sua Harmony Gold, avrebbe ac-
quisito film, quasi tutti dalla Paramount, per 130 milioni
di dollari, poi ceduti al gruppo di Silvio Berlusconi, quan-
do già dal 2001 era primo ministro, per 315 milioni di
dollari. Diritti fittizi? Sì per l'accusa, no per la casa madre
del Biscione. Ma in questa complessa vicenda c’è la coda
svizzera. Se Agrama si è visto bloccare 100 milioni di
dollari in una banca elvetica, frutto delle transazioni Hol-
lywood-Cologno Monzese, anche altri personaggi si so-
no trovati, anche loro, con denari, ricevuti da Agrama e
quindi ora congelati. Sono proprio quei quattro ex ma-
nager di Mediaset indicati all'inizio. Tra questi ci sareb-
bero Giovanni Stabilini, ex responsabile dell'area diritti
di Mediaset, e Gabriella Ballabio, anche lei ex di Media-
set, pagata ufficialmente per consulenze sulle fiction.
De Pasquale vuol vederci chiaro: “consulenze” che na-
scondono compensi pro Biscione, oppure, “stecche”
ideate da chi si è buttato nella mischia per ritagliarsi un
personale “s alvadanaio” oltre Chiasso? In tutto questo la
Fininvest rivendica di essere parte lesa. A Berna, che
quantifica il totale dei soldi sotto sequestro di Agrama e
degli altri in ben 150 milioni di franchi svizzeri, e a Mi-
lano la risposta.
manda in avanscoperta un portavoce del ministero
di Giustizia per dire che sì, nei prossimi giorni un'in-
chiesta giacente a Berna su quattro ex manager Media-
set sarà rivestita di una meno segreta dignità formale.
Pesanti le accuse: c'è di mezzo il reato di riciclaggio.
Con un corollario: un sequestro di molti milioni di fran-
chi svizzeri. Il pm di Milano Fabio De Pasquale quasi
quasi non ci sperava più, ma il passo elvetico lo aiuta in
SCUDO FISCALE
Privilegi da evasori
nestra per rimpatriare i capitali
dall’estero (15 settembre - 15 dicem-
bre), l’Agenzia delle entrate pubblica
una nuova circolare che definisce le
modalità da seguire per gli evasori che
vogliono mettersi in regola.
La nuova circolare dovrebbe rassi-
curare chi temeva che dietro il con-
dono si nascondesse un trappolo-
ne. Il chiarimento più importante
riguarda l’onere delle prova: chi
rimpatria capitali non è tenuto a
dimostrare che la loro provenienza
sia lecita. Spetta al fisco e alla Fi-
nanza, eventualmente, accertare se
provengono da reati non coperti
dallo scudo. Si potranno regolariz-
zare anche yacht, pietre preziose,
immobili e opere d’arte detenute
nei caveau oltre frontiera. A con-
dizione, però, che non si trovino in
Svizzera o San Marino (da lì bisogna per
forza rimpatriarli). Lo scudo, poi, vale
anche per le società controllate estere,
cosa fondamentale per gli imprenditori
che infrattano nei bilanci i proventi di
false fatturazioni e pratiche simili. “Si
tratta di una grande opportunità per
mettersi in regola”, ha detto Attilio Be-
fera, capo dell’Agenzia delle entrate. E
che si tratti di una grande opportunità
per gli evasori non c’è dubbio. Che lo
sia anche per il Paese è più opinabile.
La mossa di Berna
sblocca l’indagine
parallela di Milano sui
diritti tv “gonfiati” e
il business con gli Usa
Tutto cominciò
D a tutto il Paese, un solo ur-
L a Svizzera si sveglia dopo 4 anni e giovedì 8 ottobre
A quasi un mese dall’apertura della fi-
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