Il Corriere della Sera - 29.09.2009.pdf

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MARTEDÌ 29 SETTEMBRE 2009 ANNO 134 - N. 230
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La certezza della pena
Olimpiadi & Politica
Domani in edicola
Evitateci il Lodo Polanski
Obama fa lo sponsor dei Giochi
100 anni di Fumetto italiano
«Dylan Dog e il piacere della paura»
Il primo volume
Un genio? Sì, ma stia in carcere
In campo con Michelle per Chicago 2016
a9,99euro
di Maria Laura Rodotà apagina25
di Paolo Valentino apagina21
più il prezzo del quotidiano
REGOLE SEVEREMA SENSODI GIUSTIZIA
Due anni dopo l’assassinio di Chiara Poggi la perizia ordinata dal giudice riapre il caso
La polemica
LO STRANIERO
E IL CITTADINO
Garlasco, smontate leaccuse
Brunetta attacca
i magistrati:
«Alle due sono già
tutti a casa»
Il medico legale annulla cinque prove contro Alberto Stasi
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
A nche chi, come
chi scrive, è favo-
revole alla prati-
ca dei respingi-
menti e alla sanzione del-
l’immigrazione clande-
stina — respingimenti e
sanzioni adottati di fatto
oltre che dall'Italia an-
che dalla Francia e dalla
Spagna, cioè dai Paesi
che rappresentano i 4/5
del confine mediterra-
neo dell'Unione Europea
— non può ovviamente
pensare che sia solo con
questi mezzi che vada af-
frontato il fenomeno mi-
gratorio. Insomma, è ne-
cessario, sì, cercare di ar-
ginare e legalizzare i flus-
si degli arrivi, ma insie-
me (sottolineo: insieme)
è necessario sia accoglie-
re civilmente chi viene
in Italia sia promuover-
ne al massimo l'integra-
zione. Fino a dargli la
possibilità, se vuole, di
diventare italiano.
Per due ragioni fonda-
mentali: da un lato per il
forte calo demografico
che incombe sulla peniso-
la, con in prospettiva la
conseguente perdita di vi-
talità economica e non so-
lo; dall'altro per la neces-
sità di attenuare il più
possibile il potenziale di
anomia, di disordine e di
vera e propria illegalità
che si accompagna fisiolo-
gicamente al fenomeno
migratorio. La prospetti-
va di diventare cittadino
a pieno titolo del nuovo
Paese costituisce un po-
tente incentivo psicologi-
co a osservarne le leggi,
impararne la lingua, guar-
darne con simpatia i co-
stumi e la storia.
Finora, però, diventare
italiano è stato, per uno
straniero, difficilissimo.
Noi, infatti, abbiamo una
legge sulla cittadinanza
che è quanto mai restritti-
va nei confronti di chi
non può vantare almeno
un genitore o un coniuge
italiano ma solo la sempli-
ce residenza. Basti dire
che in un anno tipo, co-
me il 2005, non solo le
concessioni della cittadi-
nanza italiana sono state
meno di ventimila contro
le 154 mila della Francia e
le 117 mila della Germa-
nia, ma che circa i 4/5 di
tali concessioni sono av-
venute per matrimonio e
non per residenza.
Dunque, chi vuole real-
mente cercare di integra-
re gli immigrati — e, ag-
giungerei, chi crede dav-
vero nei valori umani, cul-
turali e politici dell'Italia,
e dunque nella loro reale
capacità di attrazione ver-
so gli estranei —non può
che mirare ad allargare la
legge sulla cittadinanza.
Ed è per l'appunto questo
l’obiettivo meritorio della
proposta di legge appena
presentata alla Camera
dai deputati da Andrea Sa-
rubbi e Fabio Granata. Se-
condo la quale, innanzi-
tutto, d'ora in avanti po-
tranno diventare automa-
ticamente cittadini italia-
ni due categorie di sogget-
ti: a) chi nasce in Italia da
un genitore ivi legalmen-
te soggiornante da alme-
no cinque anni; b) lo stra-
niero nato in Italia o che
vi è arrivato prima di aver
compiuto i cinque anni
di età e vi ha legalmente
soggiornato fino alla mag-
giore età. Può da ultimo
diventare cittadino italia-
no, su richiesta, anche
qualunque minore stra-
niero che abbia completa-
to con successo un corso
d’istruzione scolastico,
anche primaria o di for-
mazione professionale,
presso un istituto italia-
no. Si vuole favorire, in-
somma, la possibilità per
qualunque giovane stra-
niero, immerso di fatto
fin dall’inizio della sua vi-
ta nella cultura italiana,
di diventare italiano a tut-
ti gli effetti, e dunque di
non sentirsi diverso o ad-
dirittura in una posizione
d'inferiorità rispetto ai
suoi coetanei.
CONTINUA A PAGINA 27
Svolta nel giallo di Garlasco: la su-
per perizia dà ragione in più punti alla
difesa di Alberto Stasi, imputato del-
l’omicidio della fidanzata Chiara Pog-
gi. Secondo i risultati della relazione
(in tutto, 146 pagine), crollano le accu-
se ipotizzate in oltre due anni di inda-
gini dalla Procura di Vigevano.
Il ministro Renato Brunetta
attacca l’Associazione Nazionale
Magistrati: «Un mostro le cui
correnti si riproducono nel
Csm»». E accusa le toghe: «Se si
va in un qualsiasi tribunale si
trova il caos e dalle 14 non c’è
più nessuno». Immediate le
polemiche che partono dal
confronto pubblico tra il
ministro e il vicepresidente
dell’Anm, Gioacchino Natoli,
alla presentazione milanese del
libro di Stefano Liviadotti:
«Magistrati Ultracasta».
Dura la replica di Natoli: «Lei
dice cose non vere». «Fumo per
coprire le sue gravi
inadempienze» risponde il
segretario dell’Anm, Giuseppe
Cascini. Dal Csm Giuseppe
Maria Berruti accusa il ministro
di «assoluta ignoranza» sul
lavoro svolto dal Csm in
applicazione della riforma
Castelli.
Scarpe e sangue. Cade, in partico-
lare, una delle prove più importanti
contro Stasi: le suole delle scarpe puli-
te quando si presentò dai carabinieri
dopo aver calpestato il pavimento del-
la villetta del delitto cosparso dal san-
gue della vittima. Potrebbe aver
schiacciato macchie ematiche secche,
sostengono gli esperti.
Accusato Alberto Stasi, al centro delle indagini Vittima Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007
Il vero processo non ha opposte tifoserie
L’ora della morte. Per la perizia,
l’aggressione è avvenuta, «in due fa-
si», in un’ora che non è possibile stabi-
lire, ma «nel corso della mattinata». Il
commento di Alberto Stasi: «Un pun-
to a mio favore, tutto si chiarisce».
ALLE PAGINE 2 E 3
Camasso, Fasano
di LUIGI FERRARELLA
l’imputato-Processo, come metodo di accer-
tamento di una ipotesi nel contraddittorio
tra parti alla pari, esce assolto con «formu-
la piena» dal caso di Garlasco. Assolto, qua-
lunque sia la sentenza su Alberto Stasi per
l’assassinio di Chiara Poggi.
CONTINUA A PAGINA 2
sull’imputato era pesantissima: essere
un fallito, un rito ormai surclassato dal tele-
voto applicato al tribunale, inutile persino
alla ragione per cui viene perpetuato. Ma
A PAGINA 11 Piccolillo
Berlino / I negoziati con laMerkel su tasse e welfare
Il presidente potrebbe rendere note alcune puntualizzazioni
Napolitano ha dei dubbi
ma firmerà lo scudo
di MASSIMO FRANCO
Giannelli
Cresce la pressione del centro-
sinistra contro lo «scudo fisca-
le», ma l’impressione è che Gior-
gio Napolitano si prepari a fir-
marlo, magari chiedendo chiari-
menti. Per il Quirinale conta
l’esclusione dallo «scudo» dei
processi in corso. A PAGINA 5
Il Colle e le frasi del premier
Le condizioni di Westerwelle il liberale
«L’opposizione
fondamentale
sull’Afghanistan»
«Governo entro il 9 novembre, per i vent’anni della caduta del Muro di
Berlino». Così Angela Merkel il giorno dopo la vittoria che ha dato la
maggioranza a cristiano-democratici e liberali. Al centro dell’attenzione, il
ruolo del leader liberale Guido Westerwelle (a destra nella foto con il
compagno Michael Mronz) .
di G. FREGONARA e M. BREDA
ALLE PAGINE 14 E 15 Cazzullo, Gergolet e Taino
A PAGINA 5
Abitudini In passeggino fino a sei anni per le paure e la fretta di madri e padri
Se i genitori non fanno camminare i bambini
di FULVIO SCAPARRO
Provate a guardare come si muo-
vono i bambini in città: c’è un uso
crescente del passeggino per por-
tarli a spasso anche quando sono
ormai grandicelli e perfettamente
in grado di camminare sui marcia-
piedi, sia pure tenuti per mano da-
gli adulti. Le giustificazioni sono
tante, ma è un segnale negativo, se
è vero che i bambini fin dalla nasci-
ta dimostrano una prorompente vi-
talità: nessuno è tanto sano da po-
tersi permettere la sedentarietà.
A PAGINA 29 A. Sacchi
Razzismo a Roma
Scandalo ad Agrigento
LUMINOR 1950
3 DAYS GMT
AUTOMATIC
Insulti e schiaffi
a una nigeriana
«Stai zitta,
sei una negra»
La squadra vince
e il presidente
fa una dedica
al boss in cella
www.panerai.com
di RINALDO FRIGNANI
di FELICE CAVALLARO
A PAGINA 22
A PAGINA 23
A ssolto. L’accusa che da tempo aleggiava
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2 Primo Piano
Martedì 29 Settembre 2009 Corriere della Sera
#
Il delitto di Chiara L’inchiesta
La super perizia su Garlasco:
Gli inquirenti: «Vinceremo in appello». I Poggi: «Spieghino il mistero»
L’accusa
L’analisi
DAL NOSTRO INVIATO
l’impianto indiziario costruito
contro Alberto da far dire «ce la
vedremo in appello» agli stessi
inquirenti che hanno lavorato
al caso fin dall’inizio. La partita,
secondo i più scoraggiati di lo-
ro, è ormai persa. Il procurato-
re di Vigevano, Alfonso Lauro,
non vuole commentare. Men
che meno il pubblico ministero
Rosa Muscio che pure ieri ha
detto ai suoi collaboratori «non
è che una perizia,
andiamo avanti per
la nostra strada».
Anche dalla fami-
glia Poggi la reazio-
ne è la stessa: nessu-
na bandiera bianca.
«Qualcuno mi deve
spiegare com’è pos-
sibile che in questa
casa non sia rimasta
nemmeno un’im-
pronta delle scarpe
di Alberto» si è la-
sciato sfuggire il pa-
dre di Chiara, Giu-
seppe, commentando la notizia
rilanciata per tutto il giorno da
radio e televisioni. Il loro avvo-
cato, Gianluigi Tizzoni, ci va
cauto: «Nessuna singola perizia
decide da sola le sorti di un pro-
cesso. Le cose vanno valutate
nel loro insieme ed è quello che
faremo in aula davanti al gup.
Certo — riflette — sarebbe sta-
tomeglio il deposito contempo-
raneo delle consulenze richie-
ste dal giudice».
E invece non sarà così. Entro
domani depositerà l’esito del
suo lavoro il perito che si occu-
pa degli aspetti chimici del ca-
so. Il 7 ottobre toccherà agli in-
formatici presentare al giudice
le loro conclusioni. E poi, per ul-
tima, la perizia del professor
Nello Balossino, esperto di ela-
borazione di immagine. A lui
toccherà dire se Alberto può es-
sere entrato o meno in casa fa-
cendo il percorso che dice di
aver fatto ma senza sporcarsi le
scarpe di sangue. Quesito che
per la verità oggi risulta supera-
to, poiché la relazione deposita-
ta ieri rivela che se anche Alber-
to si fosse sporcato le scarpe di
sangue è lecito credere che poi
le abbia «pulite» utilizzandole
fino al momento in cui le ha
consegnate ai carabinieri, mol-
te ore dopo aver ritrovato Chia-
ra nella villetta di Garlasco. Se-
guendo questo ragionamento
si evince che il biondino di Gar-
lasco non mentì nell’indicare il
tragitto percorso nella villa.
Le parti torneranno in aula il
17 di ottobre e da lì in poi il ca-
lendario delle udienze è fissato
fino all’11 novembre. Prima di
Natale, salvo nuovi colpi di sce-
na, Alberto saprà quale sorte
avrà deciso per lui il giudice Ste-
fano Vitelli che ha riscritto le in-
dagini ordinando accertamenti
ulteriori su tutti i punti-chiave
di quest’inchiesta. E saprà an-
che dove lo porterà l’altra accu-
sa: quella di detenzione di mate-
riale pedopornografico, ogget-
to di un procedimento a parte
che viaggia però in parallelo
con il processo per l’omicidio.
G. Fas.
(ha collaborato Erika Camasso)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ora dellamorte
Tra le 11 e le 11.30
Il vero processo
non ha
opposte tifoserie
VIGEVANO — Chiara Poggi
fu uccisa in un’ora impossibile
da stabilire. Si può al limite, e
in modo del tutto indicativo,
tracciare la fascia oraria 7-12.
L’assassino ha agito «in almeno
due fasi ben distinte». E l’ag-
gressione «potrebbe essersi
protratta anche per alcune deci-
ne di minuti». C’è dell’altro.
Quando Alberto ritrovò il cada-
vere della fidanzata le macchie
di sangue erano già in parte o
totalmente secche e c’è «l’effet-
tiva possibilità che le sue scar-
pe disperdano tracce eventual-
mente raccolte per calpesta-
mento di limitate quantità di
sangue». Ancora: le tracce del
Dna di Chiara sul pedale della
bicicletta di Alberto non sono
identificabili.
«Non è possibile stabilire la
natura di quel materiale biologi-
co». Già così ce n’è abbastanza
perché l’imputato del caso Gar-
lasco speri nell’assoluzione. Ma
il perito del giudice Stefano Vi-
telli va oltre. Le impronte di Al-
berto miste al Dna di Chiara sul
dispenser del sapone del bagno
sono un «dato irrilevante al fi-
ne della costituzione di una pro-
va scientifica».
Tutto questo non è che
l’estrema sintesi della nuova su-
perperizia del caso Garlasco:
146 pagine per tendere una ma-
no ad Alberto Stasi e voltare le
spalle all’accusa. Stavolta la fir-
ma è del professor Lorenzo Va-
retto, esperto medico legale di
Torino. È un colpo così duro al-
L’ora della morte di Chiara Poggi
è collocata tra le 10 e le 12,
con maggior centratura tra le 11
e le 11.30. Chiara, colpita alla testa,
sarebbe morta in pochi minuti
Le tracce di sangue
Il sangue era ancora liquido
Le macchie di sangue sul pavimento
del salotto della villa erano ancora
liquide o semisecche all’arrivo
dei soccorritori del 118 a casa Poggi
SEGUE DALLA PRIMA
146
A «riabilitare» lo strumento processuale e a
ridargli il senso smarrito in tante vicende
analoghe, fuori dal frastuono di opposte tifoserie
da dopo-partita calcistico, non è l’esito più o
meno colpevolista/innocentista della prima perizia
depositata ieri o delle altre tre che seguiranno
entro due settimane, tutte ordinate a sorpresa dal
giudice di Vigevano quando in estate non se la
sentì di pronunciare sentenza allo stato degli atti
d’indagine. È, piuttosto, una serie di verità che la
vicenda di Garlasco si incarica di ricordare.
Testimonia, per cominciare, che la prova
scientifica non è un totem da santificare né un
tabù da demonizzare: si tratti di Dna, luminol,
esame del computer, chimica delle suole delle
scarpe o perfino delle care vecchie impronte
digitali, la prova scientifica quasi mai risolve da
sola un caso, mentre quasi sempre è decisiva per
metterlo a fuoco se viene incrociata con altri dati
d’indagine più tradizionali. E dopo averla tanto
(anche troppo) magnificata, sarebbe un paradosso
che adesso la si cestinasse, dimenticando —
eppure sono passati pochi mesi dallo stupro della
Caffarella a Roma — che proprio una prova
scientifica ha salvato un cittadino romeno da
un’accusa rivelatasi tanto ingiusta quanto
appariva schiacciante. Garlasco racconta anche
che chiedere un supplemento
probatorio per colmare
incompletezze d’indagini
complesse non è un insulto a
chi (Procura e polizia
giudiziaria) le ha svolte; che
il tempo speso in più, per
dissipare un dubbio avanzato
anche dalla parte processuale
più compromessa agli occhi
dell’opinione pubblica, non è
mai tempo perso, ma
fondamento di una
assoluzione più convincente
o di una condanna più solida;
e che, facendo gli avvocati
dell’imputato o i legali della
famiglia della vittima, si può
interpretare il proprio ruolo
anche con durezza, ma senza
giocare sporco e soprattutto
senza appellarsi alla folla di
Barabba per influenzare o
rovesciare i verdetti in via di formazione nel foro
giudiziario. E, in questo, Garlasco «parla» anche a
mass media e cittadini, chiedendo loro un
supplemento di maturità: gli uni nel comunicare,
e gli altri nel valutare, il racconto mediatico di un
processo che per forza di cose ha regole, codici
narrativi e ritmi diversi dal processo che si celebra
davvero in Tribunale. Qui c’è un film intero, di cui
il giudice alla fine padroneggia la sceneggiatura al
punto da poterne scrivere la coerente fine; su
giornali e tv c’è invece ogni giorno
l’ingrandimento di un singolo fotogramma, che,
se non inserito in un contesto che «alleni» a
badare al film anziché al fotogramma, resta privo
di senso pur se di volta in volta sostiene l’accusa o
arride alla difesa. Se mai, pochi casi come Garlasco
dovrebbero far riflettere (anche il legislatore che
vuol fare decidere a tre giudici invece di uno il sì o
no a un’intercettazione) sull’opportunità di
lasciare che nel rito abbreviato sia un giudice solo,
anziché la Corte d’Assise con due togati e sei
popolari, a decidere la sorte di un imputato di
omicidio. Per poter colmare quelle «incompletezze
nelle indagini» che lo angosciavano, in estate il
giudice di Vigevano ha dovuto forzare non poco il
rito abbreviato che si basa invece sullo stato degli
atti. Ora è facile applaudirlo. Ma «un uomo solo al
comando» è bello in bici sulla Cima Coppi, non
nelle aule dove ballano gli ergastoli o i 30 anni di
carcere.
Le pagine
della nuova
perizia depositata
ieri e firmata dai
consulenti indicati
dal Gup, i medici
legali torinesi
Lorenzo Varetto,
Carlo Robino
e Fabrizio Bison
I pedali della bici
Dal sangue il Dna sui pedali
Le tracce di Dna trovate sui pedali
della bicicletta di Alberto sono
riferibili al sangue della vittima
Il Dna sul portasapone
C’è l’impronta di Alberto
È suggestivo rilevare la presenza
di un’impronta digitale di Alberto Stasi
mischiata al Dna di Chiara sul dispenser
del sapone nel bagno in cui l’assassino
si è lavato le mani dopo il delitto
Le scarpe pulite
Impossibile non sporcarsele
Alberto non poteva non sporcarsi
le scarpe di sangue quando
è entrato nella villa dei Poggi e ha
scoperto il cadavere della fidanzata
L’imputato Lo stesso giorno di due anni fa era stato scarcerato
«Un punto a mio favore
E adesso tutto si chiarisce»
L’uso del computer
Usato solo per tre minuti
La mattina del delitto il computer
di Alberto è stato acceso solo per tre
minuti, dalle 9.36 alle 9.39
VIGEVANO (Pavia) — «E adesso tut-
to si chiarisce, è un punto a mio favo-
re». Per Alberto Stasi, c’è da giurarci,
quella di ieri è una data da segnare in
rosso sul calendario. Perché se si riav-
volge la pellicola del caso Garlasco, al
biondino con una laurea alla Bocconi
dev’essere sembrato di vivere in un re-
play.
Era il 28 settembre 2007: il giudice
di Vigevano (Pavia), Giulia Pravon, li-
berava il giovane dopo quattro giorni
di carcere. Indizi insufficienti, aveva
scritto il gip nella sua ordinanza: l’ac-
cusa non regge, Alberto può tornare
a casa. Esattamente due anni dopo
non c’è un verdetto del giudice, o al-
meno non ancora. Ma la sostanza
cambia di poco. Con due giorni
d’anticipo in Tribunale arriva la
superperizia medico-legale ordi-
nata dal gup Stefano Vitelli. So-
prattutto arrivano le conclusioni che
smontano punto per punto ogni tesi
presentata dall’accusa.
«Scacco matto», si lascia scappare
qualcuno. Ma a casa Stasi la parola
d’ordine è prudenza. «È un passo
avanti, continuiamo così», esulta Al-
berto al telefono con uno dei suoi lega-
li, l’avvocato e amico Giuseppe Colli.
Passano le ore e lo studio dei difenso-
ri del ragazzo si riempie di cronisti:
«Alberto è stato qui tutta la mattina,
poi gli ho consigliato di tornare a ca-
sa. Troppi giornalisti, non era aria per
lui...», spiega il legale.
E l’aria, Alberto lo sa, da ieri è deci-
samente cambiata. «La sentenza non
è stata ancora scritta», frena l’avvoca-
to Colli, che in due anni ha scritto più
di 1.700 pagine assieme al fratello Giu-
lio e al professor Angelo Giarda per
provare l’innocenza di Alberto. Ma lo
spiraglio che fa intravedere un’assolu-
zione si legge lì, su quella perizia.
«Per noi non c’è alcuna sorpresa —
commenta Colli —. Era già tutto scrit-
to nella relazione del nostro consulen-
te, il professor Francesco Avato: il san-
gue, le scarpe, l'ora della morte e il re-
sto. Elementi che componevano un
puzzle che noi abbiamo avuto la capa-
La pm Muscio
e il gup Vitelli
Il comandante Garofano
«Tentano di screditare il Ris
I periti non sono il Vangelo»
Il legale di Stasi
MILANO — «Il processo è in corso, devo attenermi al
segreto istruttorio, come sempre, ma io difendo il
nostro lavoro: è affidabile, siamo dei professionisti,
sappiamo quello che facciamo e crediamo nei risultati
a cui siamo arrivati. Mi sembra però francamente
presto per arrivare a conclusioni». Nel giorno in cui i
periti del gip hanno smontato le consulenze
dell’accusa per il delitto di Garlasco il comandante del
Ris di Parma, Luciano Garofano, di più non aggiunge.
Anche se è chiaro che avrebbe molta voglia di
difendere le indagini scientifiche dei carabinieri. «È
riduttivo e forviante — dice Garofano — prendere
spunto da un unico aspetto per arrivare a una
conclusione. Anche con Cogne hanno tentato di
screditarci. L’indagine è molto più ampia e
complessa, tutto va ancora discusso in dibattimento
ed è giusto aspettare perché un giorno ha ragione
l’accusa, l’altro la difesa, ma è tutto l’insieme che va
studiato. E poi non è detto che i periti siano tutti così
esperti da poter essere considerati il Vangelo».
C. Mar.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Nessuna sorpresa. Sangue,
scarpe e ora della morte formano
il puzzle che noi abbiamo saputo
ricostruire sulla scena del delitto»
cità di ricostruire, su quello che è suc-
cesso al corpo di Chiara e sulla scena
del delitto. In sostanza, una visione
d’insieme che è mancata all’accusa».
Ora Alberto e i suoi avvocati non do-
vranno fare altro che aspettare. «Ne ar-
riveranno altri, di colpi di scena —
promette Colli — Proveremo che le
immagini pedopornografiche trovate
sul pc del ragazzo sono un’invenzio-
ne». E chissà che Alberto non possa se-
gnare sul suo calendario un altro 28
settembre.
Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Erika Camasso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
gli indizi assolvono Alberto
158933114.008.png 158933114.009.png 158933114.010.png 158933114.011.png 158933114.012.png 158933114.013.png 158933114.014.png 158933114.015.png 158933114.016.png 158933114.017.png 158933114.018.png 158933114.019.png
Corriere della Sera Martedì 29 Settembre 2009
Primo Piano
3
#
Vittima
Gli occhi di Chiara Poggi
La battaglia giudiziaria Due anni di colpi di scena con 180 testi e 20 consulenti
Ora del delitto e movente
la sfida tra pm e difesa
La difesa
Le nuove perizie
Trale9ele10
Decine di minuti per uccidere
DAL NOSTRO INVIATO
minuti dopo il passaggio di Stasi alme-
no una buona parte del sangue, ed even-
tualmente la sua totalità, era secca» af-
ferma con certezza la nuova perizia.
Quindi lo era in gran parte anche quan-
do lui scoprì il cadavere. Per questo non
sarebbe rimasta traccia della «limitata
quantità eventualmente raccolta calpe-
stando il pavimento». Fra il ritrovamen-
to del corpo di Chiara e la consegna del-
le scarpe passarono molte ore. Alberto
le indossò camminando anche sull’erba
del suo giardino: ecco spiegato il fatto
che fossero linde, oltre all’«effettiva pos-
sibilità» che le calzature in sé siano di
un materiale che «disperde le tracce».
Infine il Dna di Chiara e le impronte di
Alberto sul portasapone del bagno. Per
l’accusa era la prova che Alberto lo aves-
se lavato con cura dal sangue dopo aver-
lo usato per pulirsi. E alla fine rimetten-
Le tappe
dolo a posto avesse lasciato le impronte
digitali. Adesso il perito dice che, sem-
mai, si può dire che quell’oggetto lo
hanno toccato tutti e due. Nient’altro.
«Non è una prova scientifica».
Il decesso viene anticipato
tra le 9 e le 10. L’azione omicida
è più prolungata: per uccidere Chiara
è stato necessario almeno
un quarto d’ora
L’epoca della morte non può
essere stabilita con certezza e l’azione
omicida può essere durata
anche «diverse decine di minuti»
VIGEVANO — Due anni di indagini,
venti faldoni di carte, 180 testimoni, un-
dicimila euro spesi per le sole fotocopie
degli atti. E più di venti fra periti e consu-
lenti. Che cosa resta di tutto questo oggi?
Cosa rimane in piedi per l’accusa al netto
delle superperizie ordinate dal giudice Vi-
telli? Come si è modificato nel tempo lo
scenario di quest’inchiesta? E quali sono
i punti incassati fin qui dalla difesa?
Che cosa resta all’accusa
È una strada in salita quella del pub-
blico ministero Rosa Muscio. Ma lei fa
sapere che non andrà certo in aula per
arrendersi. Sosterrà l’omicidio fra le
9.10 e le 9.36, forte del fatto che se pure
i tempi sono risicati (stando alla perizia
di ieri) è stata per prima proprio la dife-
sa di Alberto a indicare come orario del-
la morte la fascia 9-10. A casa si Chiara
non ci sono tracce di nessun altro se
non di Alberto. E secondo la procura
non c’è nessuno fra i 180 testimoni che
abbia mai indicato un possibile nemico
di Chiara, quindi non c’è motivo di cre-
dere che qualcuno abbia pianificato
l’omicidio. Alberto, continuerà a soste-
nere la dottoressa Muscio, aveva il mo-
vente sessuale: «Ossessionato dal ses-
so» al punto da chiedere a Chiara «qual-
cosa di più dei soliti filmini amatoriali»
che lei si sarebbe rifiutata di fare. E poi
ci sono le immagini pedopornografiche
passate sul computer e salvate nel disco
esterno di Alberto: anche quelle, dice la
pm, sono parte del movente. Chiara po-
trebbe averle scoperte: motivo più che
sufficiente per minacciare di denunciar-
lo e scatenare il litigio poi degenerato.
Le scarpe pulite: punto da sempre cen-
trale di questa inchiesta. Il ragionamen-
to dell’accusa è: pur ipotizzando che Al-
berto dica la verità e cioè che le scarpe
consegnate ai carabinieri sono quelle
che in effetti indossava quando trovò
Chiara morta sulle scala, allora come
mai non ce n’è traccia in nessun punto
della casa mentre ci sono le tracce delle
suole a «carro armato» dei carabinieri o
dei soccorritori della prima ora? Resta
in piedi, poi, tutta la parte psicologica:
Alberto che si comporta in modo fred-
do davanti al ritrovamento del cadave-
re, Alberto e il feticismo che lo porta a
fotografare i fondoschiena e i piedi del-
le ragazze anche mentre è con Chiara in
vacanza. La dottoressa Muscio ripesche-
rà dall’inchiesta anche le bugie del bion-
dino di Garlasco. Per esempio quella sul
sangue mestruale. Quando il Ris disse
che sul pedale della sua bicicletta c’era
con «ragionevole certezza» il sangue di
Chiara lui si giustificò dicendo che ave-
va probabilmente calpestato senza vo-
lerlo una goccia, appunto, del sangue
mestruale della ragazza. Ma era due an-
ni e tante perizie fa.
13 agosto 2007
Chiara Poggi, 26
anni, viene
uccisa a Garlasco
20 agosto
Il fidanzato
Alberto Stasi è
indagato per
omicidio
24 settembre
Il pm arresta
Alberto
28 settembre
Il gip rimette in
Il sangue era già secco
Sangue in buona parte secco
Le chiazze di sangue sul pavimento
del salotto erano già secche
quando i sanitari sono entrati
nella villa per soccorrere Chiara
«Meno di 40 minuti dopo il riferito
passaggio di Alberto Stasi
nell’abitazione almeno buona parte
del sangue presente sul pavimento -
ed eventualmente anche la sua totalità -
era secca»
Il vantaggio di Alberto
La perizia medico-legale depositata
ieri va oltre le migliori aspettative del-
l’imputato. Soprattutto per un detta-
glio: perché stabilisce che per massacra-
re Chiara a colpi in testa (con un’arma
mai trovata) l’assassino ha agito in due
momenti e che in tutto l’azione potreb-
be aver richiesto «anche
alcune decine di minuti».
Questo dettaglio sembra
negare la teoria dei 9 mi-
nuti che secondo la parte
civile sarebbero stati inve-
ce sufficienti ad Alberto
per uccidere la ragazza e
ritornare a casa. Allargare
i tempi di «alcune decine
di minuti» non è un detta-
glio secondario perché,
sempre seguendo le indi-
cazioni dei periti del giu-
dice, Alberto ha un’alibi
certo fra le 9.36 e le 12.20,
arco di tempo in cui lavo-
rò al suo computer porta-
tile. Più difficile per lui dimostrare che
dormiva fra le 9.10 (quando Chiara di-
sattivò l’allarme di casa) e le 9.36. Per
questo l’attenzione di accusa e, soprat-
tutto parte civile, si è concentrata sulla
fascia 9.10-9.36. Ventisei minuti in tut-
to. Un arco temporale un po’ troppo
stretto per farci stare quelle «decine di
minuti» e la fuga verso casa, a meno
che non si voglia intendere che il discor-
so vale per due sole decine di minuti
(quindi 20 in tutto per l’azione) più cin-
que/sei per tornare a casa. Altra cosa sa-
rebbe stato indicare l’ora della morte:
«Impossibile» spiega il perito che dà
una fascia indicativa 7-12. Cade, con la
perizia di ieri, anche la «ragionevole cer-
tezza» che sul pedale della bicicletta di
Alberto ci fosse il sangue di Chiara. C’è
il suo Dna, confermano ora i periti, «ma
non si può precisare di quale materiale
biologico si tratta». Insomma: può esse-
re sangue ma anche sudore o saliva.
Guarda a favore della difesa un altro pas-
saggio-chiave: le macchie di sangue sul
pavimento, vicino a Chiara. «Quaranta
Il Dna non è riferibile al sangue
di Chiara, ma a materiale biologico
di altro tipo, come saliva o sudore
Non è possibile precisare la natura
del materiale biologico presente
sui pedali e, in più, non è databile
Il dato non è considerato rilevante
perché Alberto Stasi era solito
frequentare la casa di Chiara Poggi
Il dato non è rilevante come prova
scientifica, perché «il contemporaneo
riscontro sul portasapone di un’impronta
digitale di Alberto e di Dna di Chiara è
spiegabile con il fatto che i due abbiano
entrambi toccato l’oggetto»
Sui soccorritori
libertà Stasi:
prove insufficienti
5 novembre
Per l’autopsia
Chiara è stata
uccisa tra le 11 e
le 11.30
20 dicembre
Alberto indagato
per detenzione di
materiale
pedopornografico
nel suo pc
3 novembre
Chiesto il
processo per
Stasi
28 marzo 2009
Scelto il rito
abbreviato
30 aprile
Il gup non emette
la sentenza e
dispone nuovi
accertamenti
Aveva suole idrorepellenti
Si sono pulite camminando
«Inattendibili i rilievi
del medico del 118»
Le suole delle scarpe di Alberto
sono idrorepellenti, quindi potevano
non rimanere macchiate
Anche se Alberto si fosse sporcato
le scarpe, le tracce avrebbero
potuto disperdersi «a seguito
di sollecitazioni meccaniche
correlate ad un uso successivo
delle calzature»
PAVIA — I riscontri del medico del
118 intervenuto nella villa di
Garlasco dopo il ritrovamento del
cadavere di Chiara Poggi? «Non
crediamo possano essere considerati
attendibili, seppur valutati e riferiti
senz’altro in buona fede». E non
sono «di grande aiuto» nemmeno
parametri come la rigidità
cadaverica. È questo il parere dato
dai periti in un passaggio del testo
depositato ieri. La vittima, dicono,
portava un indumento estivo da
notte e nel suo stomaco è stato
trovato cibo della colazione. «È
probabile che la morte sia avvenuta
non molto dopo il risveglio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alberto ha lavorato al pc
per scrivere la sua tesi di laurea
per l’intero arco della mattinata
Alberto ha acceso il computer
alle 9.36, ha guardato un filmino hard
e poi ha lavorato ai file Word
della tesi di laurea fino alle 12.20
Giusi Fasano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Dna relativo a saliva o sudore
Dna imprecisabile e senza data
Normale, frequentava la casa
Non può costituire una prova
Al pc per tutta quella mattina
Usato dalle 9.36 alle 12.20
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Martedì 29 Settembre 2009 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Martedì 29 Settembre 2009
Primo Piano
5
#
Il Colle I nodi
Missioni, il Quirinale
«L’impegno bipartisan non è scalfito da episodi beceri»
ROMA — Giorgio Napoli-
tano corregge Silvio Berlu-
sconi. E scende in campo, al-
l’indomani delle accuse del
premier all’opposizione, per
ribadire che in politica este-
ra, e in particolare sulle mis-
sioni di pace internazionali,
«è un vanto per l’Italia il lar-
ghissimo sostegno dell’opi-
nione pubblica e delle forze
politiche all’impegno dei mi-
litari italiani». Con queste pa-
role il Capo dello Stato ri-
sponde all’ex presidente del-
la Camera e attuale leader
dell’Udc Pierferdinando Casi-
ni che aveva richiesto un suo
intervento domenica per «ri-
stabilire la verità dei fatti»
dopo che in un comizio a Mi-
lano Berlusconi aveva detto
che «l’opposizione gioisce
per i soldati morti».
Il presidente della Repub-
blica non solo si sofferma
sul sostegno bipartisan alle
missioni che «è un dato rile-
vante e importante, che non
può essere scalfito da episo-
di di becera e indegna conte-
stazione ai quali non può es-
sere attribuito alcun peso e
rilievo effettivo», ma ricorda
anche che «questo sostegno
di cui sono state parte inte-
grante le forze fondamentali
dell’opposizione, anche in oc-
casione di importanti vota-
zioni in Parlamento, si è tra-
dotto in generale commosso
e rispettoso omaggio, da ulti-
mo, ai sei nostri caduti in Af-
ghanistan e in affettuosa, so-
lidale, vicinanza alle loro fa-
miglie».
Un intervento così esplici-
to del Capo dello Stato è con-
diviso implicitamente dal
presidente della Camera
Gianfranco Fini (lo fa sapere
il suo staff), soddisfa l’Udc e
anche il Pd, ma non placa del
tutto la polemica.
«Quando sento
Berlusconi parla-
re così mi viene
da chiamare il
118», dice Pierlui-
gi Bersani. Il mini-
stro degli Esteri
Franco Frattini re-
plica stizzito:
«Ma che leader
sono questi? Do-
vevano capire
che Berlusconi non ce l’ave-
va con loro. Fanno ridere i
polli». Gli risponde Dario
Franceschini: «I polli? Abbia-
mo infatti sentito le risate di
Frattini...». Battute a parte,
Casini ha ringraziato Napoli-
tano: «Ancora una volta si è
fatto carico di rappresentare
il Paese nella sua totalità,
La scheda
Presidente
Il capo dello
Stato,
Giorgio
Napolitano,
84 anni,
è al Quirinale
dal maggio
2006
(archivio
Markanews)
con grande senso dello Stato
e rispetto della verità».
Il ministro della Difesa
Ignazio La Russa cerca di
chiudere la polemica senza
alimentare altri fuochi dialet-
tici con l’opposizione e anzi
spiegando di aver parlato ie-
ri mattina con un Berlusconi
«rammaricato che le sue pa-
role siano state fraintese,
complice anche il fatto che
parlava a braccio: mi ha det-
to che nella sua testa intende-
va chiaramente riferirsi a cer-
ti gruppi della sinistra, del-
l’estrema sinistra...». Lo stes-
so La Russa dà atto «alle per-
sone dell’opposizione come
Parisi, la Pinotti del Pd e i
parlamentari dell’Udc, di ave-
re sempre dato in questo an-
no e mezzo piena solidarietà
ai militari e votato insieme al-
la maggioranza: anche Ferre-
ro (Rifondazione), pur essen-
do contrario, ha avuto sem-
pre toni accettabili».
Ed è proprio alla sinistra al-
ternativa, contraria da sem-
pre alle missioni, che non è
piaciuta l’impostazione del-
l’intervento di Napolitano:
«In Italia esiste una maggio-
ranza contraria alla guerra in
Afghanistan. E noi ne faccia-
mo parte. Si tratta di una po-
sizione del tutto legittima,
rappresentata da gente per
bene. Per questo le parole di
Giorgio Napolitano mi han-
no offeso», reagisce il segre-
tario di Rifondazione Paolo
Ferrero. E chiede che «in Ita-
lia si possa essere contrari al-
la guerra, senza per questo
essere considerati deficien-
ti».
Lamossa La «risposta» a Casini
Altolà obbligato
per evitare scontri
Tra le «becere
contestazioni» di cui ha
parlato ieri Napolitano, il
rogo del Tricolore e il
sinistro «-6» comparso sui
muri di Milano durante una
manifestazione dopo la
morte dei sei paracadutisti
italiani in Afghanistan
Gianna Fregonara
ROMA — A chiedergli soccorso è stato Pier Ferdinan-
do Casini. Gli ha telefonato al Quirinale domenica sera,
poco dopo le accuse di Berlusconi all’opposizione a pro-
posito della strage dei sei parà in Afghanistan, chiuse da
un «vergogna-vergogna-vergogna» tuonato fra gli ap-
plausi del Pdl. «Non è accettabile, presidente, che si falsi-
fichino le cose e si dimentichi il contributo di chi ha sem-
pre difeso e difende i nostri militari impegnati nelle mis-
sioni di pace», si è sfogato il leader dell’Udc, facendosi
portavoce di un più largo appello e pregando il capo del-
lo Stato di «ristabilire la verità dei fatti».
E Giorgio Napolitano è intervenuto. Dopo aver ordina-
to una verifica su quanto aveva detto il premier alla fe-
sta-show di Milano e sugli episodi da lui citati, alla fine,
incredulo e preoccupato, si è subito convinto della neces-
sità d’imporre uno stop. E, cosa stavolta più importante,
di ricordare a tutti il ruolo giocato in questo impegno
internazionale dalle formazioni che stanno fuori dal go-
verno. Ha steso di proprio pugno e fatto diramare una
dichiarazione in cui conferma di aver «sempre messo in
luce l’importanza del larghissimo sostegno di opinione
pubblica e forze politiche» al lavoro dei soldati italiani.
Un sostegno, puntualizza, «di cui sono state parte inte-
grante le forze fondamentali dell’opposizione» e che,
non a caso, si è tradotto in un omaggio bipartisan ai mor-
ti di Kabul.
Un atteggiamento
che per lui è «un titolo
di vanto per l’Italia», e
infatti rammenta di
averlo «sempre prospet-
tato agli interlocutori
stranieri». Il presidente
allude ai diversi summit
dei mesi scorsi, prima e
dopo il G8 dell’Aquila, e soprattutto alla sua recente visi-
ta in Giappone, dove lo ha raggiunto la notizia dell’atten-
tato afghano. In quei giorni, mentre a Roma qualcuno
ipotizzava già un ritiro del nostro contingente (ad esem-
pio Bossi, che rettificò poi la propria posizione) e mentre
lui stesso finiva per 48 ore nel tritacarne delle polemiche
grazie a un giornale vicino al governo (che lanciava il so-
spetto di un ritardato rientro delle salme pur di non far
interrompere il viaggio quirinalizio), Napolitano disse:
«Non c’è nulla da rivedere, non ci sono intenzioni di an-
nullamento... la missione è condivisa». E aggiunse un
cenno a un articolo scritto dall’esponente del Pd, Piero
Fassino, dal quale articolo, spiegò, «non trapelano divi-
sioni neppure da parte dell’opposizione».
Il resto, le bandiere bruciate e gli slogan «meno sei»
evocati dal capo del governo, sono episodi marginalissi-
mi di «becera e indegna contestazione», ai quali non si
può dare «alcun peso effettivo». Per di più maturati, spie-
gano sul Colle, al di fuori dell’opposizione rappresentata
in Parlamento, l’unica che istituzionalmente conti, senza
per questo che nessuno intenda mettere al bando i parti-
ti che stanno fuori dalle Camere e che legittimamente
perseguono idee pacifiste.
Ora, l’incendiaria sortita di Berlusconi lo ha obbligato
a dare l’altolà. Obbligato perché Napolitano non può am-
mettere che, per un uso politico di coalizione, sia messa
a rischio la continuità e la coerenza di certe scelte di fon-
do della nostra politica estera. Tantomeno alla vigilia di
appuntamenti, a partire dalla Finanziaria, nei quali le as-
semblee parlamentari saranno chiamate a rivotare per le
missioni di pace delle nostre forze armate.
Insomma: quello di domenica è considerato dal Quiri-
nale un brutto prologo a un autunno che si preannuncia
carico di tensioni. Crisi economica a parte, tra caso Rai
(sul quale il capo dello Stato si pronuncerà nella Giorna-
ta dell’informazione, il 16 ottobre) e sentenza della Con-
sulta sul lodo Alfano, il pericolo che lo scontro politico si
riacutizzi in modo insopportabile sono molti.
Marzio Breda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Scudo fiscale, dal Colle verrà un sì
L’ipotesi che il capo dello Stato chieda chiarimenti su alcuni aspetti delle misure
ROMA — La pressione del centro-
sinistra contro lo «scudo fiscale» sta
aumentando in modo vistoso. Ed è
possibile che alla fine il Quirinale
chieda al governo qualche chiarimen-
to, o puntualizzi alcuni aspetti del de-
creto: magari affidandosi ad una no-
ta. Ma l’impressione è che Giorgio
Napolitano si prepari a prendere atto
del provvedimento ed a firmarlo,
non a respingerlo. Per dare corpo al-
la violazione di qualche principio del-
la Carta fondamentale non basta che
l’opposizione additi una sorta di am-
nistia mascherata; né che usi aggetti-
vi come «incostituzionale ed immo-
rale». Per il capo dello Stato conta di
più che palazzo Chigi abbia accettato
di modificarlo, escludendo dallo
«scudo» i processi in corso.
Nonostante perplessità palpabili,
l’esigenza è di non creare confusione
e tensioni, bloccando gli effetti che il
decreto sta già producendo dopo
l’approvazione; e di permettere al go-
verno un margine di manovra finan-
ziaria altrimenti azzerato dalle di-
mensioni della crisi. Le parole non
proprio ottimistiche usate ieri a Na-
poli dal ministro dell’Economia, Giu-
lio Tremonti, trasmettono una sensa-
zione di urgenza e di limbo psicologi-
co. «È stata evitata la catastrofe, la cri-
si è in fase di rallentamento ma non
si può immaginare che si apra una
stagione dell’oro nel bacino del Medi-
terraneo. Quindi bisogna fare in fret-
ta», ha ammonito Tremonti alluden-
do alla questione del Mezzogiorno.
Lo «scudo fiscale» sembra inserir-
si in questa logica. D’altronde, la stes-
sa possibilità del rinnovo dei contrat-
ti del pubblico impiego viene fatta di-
pendere proprio dal rientro dei capi-
tali dall’estero degli evasori. È una
misura che il governo presenta in
piena emergenza; e che soltanto in
un contesto del genere può essere as-
secondata. Ma si tratta di un epilogo
destinato a scontentare il centrosini-
stra; e ad incrinare ulteriormente i
rapporti fra Napolitano e quel fram-
mento corposo di opposizione riuni-
to intorno ad Antonio Di Pietro. Le
pregiudiziali di costituzionalità pre-
sentate ieri sia dal Pd, sia dall’Idv so-
no la conferma di una polemica in
crescendo; e forse della consapevo-
lezza che il presidente della Repubbli-
ca sta mettendo da parte gli ultimi
dubbi.
Gli uffici del Quirinale stanno esa-
minando ogni riga delle modifiche.
Ma il «sì» viene dato per scontato. È
inverosimile, tuttavia, che crei un
fossato fra il partito di Dario France-
schini ed il capo dello Stato. Fra l’al-
tro, proprio ieri Napolitano ha dato
atto alle «forze fondamentali dell’op-
posizione» di avere sempre sostenu-
to le missioni militari all’estero: una
precisazione tesa a bilanciare l’attac-
co alla sinistra fatto domenica da Sil-
vio Berlusconi sull’Afghanistan. Pa-
lazzo Chigi ha cercato di giustificare
il premier, spiegando che in realtà
non polemizzava con l’opposizione
parlamentare ma solo con l’estremi-
smo: quegli «episodi di becera e inde-
gna contestazione» che il Quirinale
ha liquidato come gravi ma margina-
li.
singolare. Preferisce invece presen-
tarlo come una vittima di Berlusco-
ni. Scarica sul leader del centrode-
stra le intenzioni più bieche, accusan-
dolo di avere «fregato il braccio» di
Napolitano che gli aveva «dato il di-
to».
Insomma, tende a raffigurare l’in-
quilino del Quirinale come un inge-
nuo che avrebbe però un’ultima ri-
sorsa per impedire «un atto di rici-
claggio ad opera di rei e favoreggiato-
ri»: non firmare lo «scudo fiscale»,
che sarà approvato domani dalla Ca-
mera e giovedì diventerà legge. È
un’esortazione dal sapore strumenta-
le, perché il decreto contiene le modi-
fiche chieste da Napolitano e norme
già operative. Ma può diventare la
premessa per manifestare tutta la de-
lusione dipietrista nei confronti del
presidente della Repubblica, e maga-
ri di un Pd troppo ragionevole; e per
ripresentare il leader dell’Idv come
unico vero oppositore di Berlusconi.
Massimo Franco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Informazione
Il 16 ottobre, durante la
giornata dell’Informazione,
il capo dello Stato si
pronuncerà sul caso Rai
Ma dopo avere circoscritto un pos-
sibile focolaio di tensioni in politica
internazionale, Napolitano sa di do-
vere affrontare contraccolpi quasi
scontati in caso di «sì» al decreto che
corregge quello anticrisi. L’altolà so-
lo apparentemente supplichevole
che gli arriva da Di Pietro lascia im-
maginare i passi successivi. Il leader
dell’Idv esordisce infatti assicurando
di non voler minacciare il capo dello
Stato: precisazione in sé già un po’
Pregiudiziali
Ieri Partito democratico e Italia
dei valori hanno presentato le
pregiudiziali di costituzionalità
sul testo elaborato dal governo
Alla Camera
Oggi forse il voto di fiducia sul decreto
Giulio Tremonti
È ministro
dell’Economia
e delle Finanze
ROMA — Il governo potrebbe chiedere oggi
alla Camera il voto di fiducia sull’estensione
dello scudo fiscale. Il decreto deve essere
convertito entro sabato, ma in Aula
l’opposizione, decisa a dare battaglia, ha
presentato 99 emendamenti. Se il governo
optasse per la fiducia, come probabile, il
voto si terrebbe domani, mentre
l’approvazione definitiva del provvedimento
avverrebbe giovedì. Ed entro la fine della
settimana arriverà la circolare definitiva con
le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate,
l’ultimo atto necessario per far scattare
l’operazione scudo, virtualmente aperta già
dal 15 settembre. L’Associazione italiana del
Private banking stima che il 45% dei capitali
esteri sarà rimpatriato dalla Svizzera ed il
governo, con il sottosegretario all’Economia,
Luigi Casero, ritiene che la regolarizzazione
di 100 miliardi di capitali, con un gettito di 5
miliardi per l’erario «possa essere un buon
risultato». Sullo scudo fiscale, però, esprime
dei dubbi Augusto Fantozzi, ex ministro
delle Finanze. Preoccupato che la Ue possa
individuare nell’operazione anche un
condono dell’Iva, che sarebbe vietato.
difende l’opposizione
sulla politica estera
Dietro le quinte Intanto crescono le pressioni del centrosinistra
158933114.029.png 158933114.030.png 158933114.031.png 158933114.032.png 158933114.033.png 158933114.034.png 158933114.035.png 158933114.036.png 158933114.037.png 158933114.038.png
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